AMARE IL PAESE! di felice magnani
AMARE IL PAESE nasce da una consapevolezza: si vive meglio se rispettiamo alcune fondamentali regole di vita comunitaria.
Non esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B, i talenti e le risorse sono patrimonio di tutti, quindi siamo tutti nella condizione di migliorarci e di migliorare il clima educativo all’interno della Comunità nella quale viviamo. Forse in molti casi non ci rendiamo conto che le differenze le creiamo noi, con i nostri pregiudizi, noi siamo artefici della fortuna del territorio sul quale siamo chiamati a svolgere la nostra opera di cittadini.
Per ognuno di noi c’è un posto e un ruolo ai quali affidare le nostre risorse e i nostri talenti, indipendentemente dalla religione, dal colore della pelle, dalla condizione economica e culturale.
Ogni cittadino è assolutamente indispensabile per costruire la città dell’uomo, le differenze sono preziosità da vivere. E’ nel confronto, nel dialogo e nella diversità che incontriamo quei valori che permettono alla nostra società di migliorare il profilo educativo e morale, predisponendola ad un importante salto di qualità.
La forza di una Comunità sta nella sua capacità di superare barriere e steccati, pregiudizi e rivalità, nella sua forza positiva e propositiva, quella che consente di APRIRSI E COLLABORARE alla costruzione di un paese sempre più unito, solidale, bello e ordinato.
E’ nello sforzo di ciascuno che si compie il miracolo della trasformazione del brutto in bello, della anormalità in normalità, dell’invidia e del rancore in comprensione e amore. Spesso siamo abituati a fare delle scelte, ma la scelta non è esclusione a priori, è semplicemente il desiderio di consentire a tutti di poter dare un contributo di creatività e di fantasia alla realtà nella quale siamo inseriti.
Queste riflessioni nascono dalla convinzione che occorra ravvivare le relazioni umane: il rispetto, il senso di responsabilità individuale e collettivo, la collaborazione, la tolleranza, l’onestà, la comprensione e la voglia di lavorare tutti insieme per il Bene comune.
Il Bene comune è prima di tutto e soprattutto la consapevolezza che la qualità della vita dipende da noi, da come sappiamo interagire, relazionarci, capirci, da come sappiamo amare la Comunità nella quale sviluppiamo la nostra esistenza. Ogni fascia d’età, ogni cittadino, ogni persona deve sapere che può sempre contare su qualcuno e che tutti insieme, nessuno escluso, siamo parte viva e attiva di un grande processo di trasformazione educativa. Spesso i problemi nascono dal fatto che ci sono cittadini che si sentono esclusi, abbandonati, che non sanno che esiste per tutti la possibilità di essere testimonianza. Queste riflessioni vogliono andare oltre i gruppi, le associazioni, le istituzioni, proprio perché siamo consapevoli che ci siano dei fili conduttori comuni e che l’obiettivo finale sia di tutti e per tutti: migliorare la qualità della vita. Fare un passo verso l’altro e verso il paese significa conquistare la vera libertà.
OSSERVAZIONI E RIFLESSIONI
SVILUPPARE IL SENSO DEL BELLO
Chi ha la fortuna di vivere in un ambiente come il nostro dovrebbe avere un approccio più diretto ed immediato con la bellezza in tutte le sue forme. Non sempre però abbiamo una predisposizione d’animo adeguata, perché siamo in parte vittime di un consumismo che non ci lascia il tempo di apprezzare e vivere quello straordinario patrimonio naturale, umano, storico, artistico e culturale che abbiamo ereditato. Amare la bellezza significa comprenderne l’importanza, diventarne cultori e dispensatori, difensori e promotori. Sviluppare il gusto del bello in tutte le sue forme umane, materiali, morali e spirituali significa predisporre il nostro animo a stupori quotidiani, a scoperte inattese, a riappropriazioni che ci richiamano alla bellezza del silenzio, dell’ osservazione, della ideazione, dell’impegno e della promozione. La bellezza apre la via al rinnovamento interiore, all’ armonia con il mondo che ci circonda, a un gioioso rapporto relazionale con le persone e con le cose. L’amore per il bello ingentilisce, stimola l’attenzione, coinvolge la parte più nobile della natura umana, quella legata alla sfera dell’interiorità. Chi ama il bello difficilmente accetta che venga calpestato, nella maggior parte dei casi ne diventa strenuo difensore e fa di tutto per rispettarlo, per evidenziarlo, per curarlo, per restituirlo intatto a chi riceverà il testimone. Insegnare ai giovani ad amare la bellezza significa avvicinarli sempre un pochino di più ai grandi misteri dell’universo, preparare il terreno alla nascita e allo sviluppo di nuove ricchezze interiori, gettare le basi per la costruzione di un paese più a misura d’uomo, sviluppare importanti forme di sensibilità e attivare tutti i gesti nobili del nostro ricco patrimonio valoriale. Dunque la bellezza va fatta conoscere. Bisogna attivarla, deve diventare visibile agli occhi di tutti, con l’impegno quotidiano, la difesa e la protezione, la cura e la promozione, anche nelle sue forme più piccole e sfuggenti. La bellezza è educante, è capace di trasformare la tristezza in allegria, la depressione in gioia di vivere, le difficoltà della vita in speranza. Crediamo sia un compito fondamentale di tutte le istituzioni avvicinare le persone, in particolare i giovani al pensiero del bello, alla visione del bello, alla ricerca del bello, all’importanza di vivere e operare in un ambiente che abbia adottato la bellezza come strumento di miglioramento educativo della persona. E’ in questa ottica che ci sentiamo in dovere di promuovere la bellezza dei luoghi dove viviamo, luoghi cantati, raccontati dalla penna e dal cuore di artisti, poeti e scrittori, luoghi che hanno la capacità di incantare, di far pensare, di indurre l’animo a ritrovarsi, a riposarsi, ad aiutare a ritrovare la pace. E’ con il contributo della bellezza che vogliamo iniziare questo percorso educativo con la nostra gente, sicuri che capirà il nostro impegno e la nostra volontà di andare oltre le apparenze e le cose puramente materiali, per riaccendere quella luce dell’impegno amministrativo che si propone come lettura approfondita di quella realtà con la quale conviviamo ogni giorno, ma che in qualche caso ci sfugge di mano. Se le persone imparassero ad amare la bellezza, forse riuscirebbero a cancellare per sempre quelle cose brutte che impediscono all’essere umano di crescere e di diventare adulto.
ADOTTARE IL RISPETTO COME MODALITA’ DI CIVILE CONVIVENZA
In questi anni di corsa sfrenata verso varie forme di benessere forse abbiamo un pochino dimenticato chi è l’essere umano, la persona che incontriamo nel corso della nostra vita e con la quale stabiliamo relazioni di vario ordine e grado, spesso sull’onda di impulsi emotivi o emozionali, dovuti in parte a reazioni di tipo soggettivo, a simpatie o antipatie, a condivisioni o a contrapposizioni. L’incontro è la chiave di lettura della vita di relazione di una Comunità, il momento topico, quello che determina l’evoluzione in senso positivo o in senso negativo di una storia. Incontrarsi significa gettare le basi per una conoscenza più approfondita, che può aprire le porte di un’amicizia, di una collaborazione, di un rapporto basato sul rispetto reciproco, di un cammino verso nuove conoscenze e di un allargamento della propria libertà. L’incontro deve avere come base comune il rispetto. Siamo convinti che il rispetto sia la carta di credito di una Comunità matura, dotata di un elevato senso di responsabilità individuale e collettivo. Il rispetto ha una valenza educativa straordinaria, perché cancella ogni forma di prevaricazione e di trasgressione, pone gli esseri umani sullo stesso piano, armonizza i loro contributi, li rende solidali e complementari, crea le condizioni di un grande sviluppo umano, materiale, culturale e spirituale. L’incontro di solito va preparato e il rispetto va insegnato. E’ infatti molto difficile pensare che la maturazione della persona avvenga così per caso, per questo esistono le istituzioni pubbliche e private. La prima vera educazione al rispetto la si riceve in famiglia. La famiglia ha l’obbligo costituzionale e morale di promuovere l’educazione dei figli. In questi anni contrassegnati da un grande sviluppo tecnologico abbiamo assistito a una reiterata crisi della famiglia, una crisi che ha colpito soprattutto la sua parte debole: i figli. Ricostruire varie forme di rispetto è un primo passo verso la costruzione di una Comunità forte e consapevole. Un paese senza rispetto è destinato a diventare preda di comportamenti illegali, di un sistema di vita assolutamente inadeguato e quando le cose non vanno bene tutti ne fanno le spese, il paese in primo luogo. Rispettarsi vuol dire riconoscere i propri diritti e i propri doveri, riconoscere la propria dignità e quella dell’altro, sapere che la Comunità è la somma della dignità di tutti i suoi cittadini. Il rispetto presuppone l’attivazione della coscienza. Occorre ripensare il senso e le modalità delle nostre azioni, le conseguenze che possono provocare, l’importanza che possono avere. Una Comunità deve crescere nella consapevolezza di che cosa significhi stare insieme, lavorare insieme, costruire giorno per giorno il futuro dei nostri figli. Il rispetto è un valore fondamentale, l’asse portante di tutto il sistema educativo, per questo va insegnato con grande impegno e con grande determinazione nella famiglia, nella scuola e nella società civile.
PROMUOVERE IL SENSO DI RESPONSABILITA’
Diventare cittadini responsabili deve essere un obiettivo primario, da perseguire con grande determinazione. Su questo fronte devono essere impegnate tutte le agenzie educative e il mondo adulto è chiamato in prima persona a fornire esempi di assoluta credibilità. In questi anni siamo stati spettatori di una caduta verticale del senso di responsabilità, che ha avuto ripercussioni sulle famiglie, sulla scuola, sul mondo giovanile e sulla Comunità in generale, sempre più preda di una diffusa arbitrarietà, dove ciascuno si arroga il diritto di fare quello che vuole, dimenticandosi di avere dei doveri molto ben definiti nei confronti della Comunità stessa. Principi e valori che sono stati protagonisti della seconda metà del Novecento sono stati gradualmente frantumati e abbandonati per fare posto a uno sfrenato individualismo. L’uomo si è lasciato andare, adottando comportamenti sempre più ambigui e libertini, creando confusione e disorientamento, in particolare nel mondo giovanile, sempre alla ricerca di modelli ai quali ispirarsi. Sono stati cancellati molti dei valori tradizionali, ma non sono stati sostituiti da altri altrettanto validi. Oggi viviamo in un fatalismo pericoloso, l’uomo tende sempre di più a fare quello che vuole, a cancellare il suo senso di responsabilità, i suoi doveri, vantando tutta una serie di diritti. In questo modo i rapporti umani diventano conflittuali, ognuno pensa a se stesso, è convinto di avere ragione, di poter disporre della propria libertà come vuole, senza porsi il problema se quello che fa danneggi se stesso e il mondo che lo circonda. Crediamo che la Comunità debba fare un salto di qualità, debba cioè riappropriarsi delle proprie responsabilità, collaborando alla costruzione di un clima solidale, dove le regole siano patrimonio di tutti e dove l’egoismo lasci il posto a comportamenti dettati da una retta coscienza. Il senso di responsabilità si applica anche quando la regola non è presente, perché nasce da un rispetto profondo dell’altro. Nella nostra Comunità, diventata globale in questi anni, è assolutamente importante dimostrare ai nuovi arrivati quali siano gli elementi trainanti del nostro vivere civile, perché abbiano modo di adottarli, di inserirli, di applicarli e di diventare parte viva della Comunità stessa. Esempi negativi generano comportamenti negativi, una forte e chiara cultura civica è la base sulla quale costruire il futuro della nostra gente. Crediamo utile e importante che anche i giovani crescano responsabili, coscienti dei diritti e dei doveri che devono esercitare all’interno della Comunità. Perché ciò avvenga è necessario che l’educazione, in tutte le sue forme, torni a essere elemento chiave della convivenza civile. L’educazione deve passare attraverso la famiglia, la scuola, la società civile e tutte quelle forme di aggregazione che determinano la cultura associativa del paese. All’interno della Comunità tutti, indipendentemente dall’età e dal sesso, devono avere ben chiari quali siano i comportamenti responsabili e quali invece quelli irresponsabili. L’irresponsabilità va corretta e perseguita. Non è accettabile che la trasgressione passi inosservata e che si sostituisca l’omertà al senso di responsabilità individuale e collettivo. E’ uno sforzo che tutti dobbiamo fare, anche con gli strumenti aggiuntivi che la nostra Comunità mette a disposizione, ma dobbiamo renderci conto che l’assunzione di senso di responsabilità dipende da noi, se vogliamo avere un paese sempre più vivibile, sempre più amato e apprezzato da tutti.
RICONQUISTARE IL TERRITORIO
In questi anni di sviluppo e di progresso telematico abbiamo in parte dimenticato il nostro territorio e le sue potenzialità, l’abbiamo trattato con una certa freddezza, quasi con indifferenza, forse abbiamo pensato che non fosse soggetto alle intemperie del tempo, lo abbiamo sopravvalutato, ci siamo dimenticati della sua fragilità, ne abbiamo abusato, pensando forse che tutto si sarebbe sistemato. Disponiamo di un tesoro immenso a cui possiamo attingere in ogni momento della nostra vita, ma si tratta di un tesoro che va conservato e protetto con cura. La ricca alternanza di forme e contenuti paesaggistici è stimolo di attività e iniziative che rafforzano l’educazione, la cultura del vivere bene, del benessere materiale e spirituale, quella del gioco e dell’attività sportiva e in particolare quella legata alla formazione del carattere. L’ambiente in cui viviamo è una grande palestra naturale, in grado di rispondere ai nostri bisogni e alle nostre necessità. Per questo deve essere conservato e fatto conoscere. Molte persone vivono la natura come se si trattasse di una bella cornice, di una tela d’autore da osservare, in realtà è il supporto ideale di chi vuole vivere intensamente la bellezza e l’amore in tutte le sue forme e, proprio per questo, richiede un’osservazione continua. L’ambiente è un libro aperto che va letto con la massima attenzione, è una lettura dal vivo della vita e dei suoi misteri, un amico a cui confidare le nostre gioie e le nostre pene. Ha una risposta pronta per tutti: per chi ama i fiori, il verde, i colori, gli aromi, per chi vuole respirare a pieni polmoni l’ossigeno delle piante, per chi vuole ritrovare la pace perduta, per chi ama il silenzio e la riflessione, per chi vuole guarire dai disturbi dello stress e dell’ansia, per chi vuole tornare giovane e riscoprire le cose belle della vita. Trascorrere qualche ora con i propri figli nella natura significa ritemprarsi, trovare lo spazio e il tempo della comunicazione, della liberazione dai rumori che distruggono la pace dell’anima. Nella natura il corpo e la mente ritrovano l’armonia, il giusto equilibrio, restituiscono la gioia di vivere. Il territorio merita di essere vissuto, valorizzato, protetto e amato. Non mancano le fonti della comunicazione educativa, ci sono la famiglia, la scuola, le associazioni, la protezione civile, la parrocchia, l’oratorio, il volontariato, è quindi possibile creare una forte attenzione nei confronti del nostro ambiente. Chi abita nelle grandi città aggredite dall’inquinamento atmosferico e acustico sogna di poter trascorrere qualche ora nei magici silenzi della natura, a stretto contatto con fiori, piante e animali, magari sulle rive del Lago Maggiore o nel verde intenso delle nostre Prealpi, fiore all’occhiello della regione lombarda. Noi possediamo questo immenso tesoro, ma spesso ce ne dimentichiamo. Il territorio nel quale siamo nati e nel quale viviamo la nostra esistenza ci chiede di essere conosciuto, visitato, vissuto e amato, proprio come se fosse l’amico della porta accanto, quello al quale chiediamo conforto quando ci sentiamo soli e abbandonati. Riconquistare il territorio significa tornare a leggerlo e a viverlo con una maturità diversa, con la consapevolezza che sia un grande educatore e che possa quindi venire incontro alle nostre necessità e ai nostri bisogni con quella benevola dolcezza che lo contraddistingue.
LO SPORT E’ UN GRANDE AMICO
La cosa più bella del mondo è avere un amico che ci consenta di vivere meglio le nostre giornate, guidando il nostro corpo e la nostra mente alla scoperta di quei valori che ci permettano di affrontare con più sicurezza, equilibrio e coraggio la nostra esistenza. Avere uno sport come amico significa avere la consapevolezza di non essere soli, di poter contare su qualcuno che ci stia accanto e che migliori il nostro livello umorale, mentale e neuromuscolare, favorendo un approccio più sereno ed adeguato alla realtà che ci circonda. Ridurre l’aggressività e lo stress è molto importante, perché consente di stabilire un rapporto più equilibrato ed emozionalmente stabile con se stessi e con la Comunità, potenziando il livello dell’autostima, la capacità di affrontare le sfide della vita, gettando alle spalle tutte le frustrazioni che ne impediscono la crescita. Ma gli amici non s’ inventano e non si trovano così all’improvviso, bisogna cercarli e, soprattutto, bisogna crederci, ecco perché è necessario che qualcuno ci aiuti a trovarli e a viverne tutti i benefici. Chi può fare questo? La famiglia, la scuola, le società sportive, l’oratorio, il Comune sono le agenzie che hanno maggiori possibilità e capacità d’intervento diretto sui ragazzi e quindi una maggiore capacità d’insegnare che una attività fisica mirata può cambiare la vita senza troppe spese e senza troppi sacrifici. Lo sport, se praticato con intelligenza, è un piacevolissimo passatempo, un vero amico, perché aiuta a star bene, regala attimi di felicità, favorisce l’equilibrio psicofisico, consente di affrontare meglio la vita in tutti i suoi aspetti. Avere uno sport come amico significa non essere mai soli, perché favorisce la conoscenza di se stessi e della realtà che ci circonda, crea tutte le condizioni di una bella socializzazione, stimola le relazioni sociali, ci mette in discussione e ci costringe a trovare delle soluzioni, ci regala sicurezza, favorisce una conoscenza più diretta dell’ambiente nel quale viviamo e, se praticato in mezzo alla natura, diventa un vero e proprio toccasana per la salute del corpo e della mente. Riduce infatti il nervosismo, scarica le tensioni, ci fa sentire più giovani e competitivi in tutti i campi della nostra esistenza, rafforzando la nostra fiducia nelle persone e nelle cose che ci circondano. Il lago, la montagna, la collina, gli ampi spazi verdi che caratterizzano la nostra morfologia ambientale consentono un approccio ampio e mirato alle attività sportive, praticate e vissute nelle loro variabili amatoriali, ludiche e agonistiche.
VALORIZZARE E PREMIARE RIDANNO UN SENSO ALLA VITA
Nella maggior parte dei casi il disagio nasce da frustrazioni profonde: mancanza di fiducia, scarsa considerazione, varie forme di sottovalutazione e indifferenza. Sono diversi i motivi per cui l’uomo vive situazioni di palese o celata difficoltà, anche quando esprime al massimo livello la sua cittadinanza, la sua vocazione sociale, la sua dimensione culturale. La Comunità vive spesso di stereotipi, di pregiudizi, di prese di posizione che rischiano di diventare faziose, si chiude in visioni che non corrispondono alla realtà, quindi uno dei compiti primari è quello di restituire alle persone la loro dignità, favorendo il loro graduale inserimento nella Comunità. Uno dei compiti più difficili è proprio quello di trasformare l’essere umano in cittadino, fuori dagli schemi della civica ufficialità, lavorando sulla presa di coscienza, sulla consapevolezza di essere parte viva di una Comunità. La “cittadinanza” è una condizione privilegiata, sancisce la maturità di un percorso che ha come fine quello di condurre le persone ad acquisire un ruolo preciso all’interno della Comunità. Il cittadino è la persona che diventa protagonista della sua storia e in particolare di quella della Comunità nella quale sviluppa ed esercita la sua dignità. Diventare cittadini significa vivere appieno la storia della Comunità, con le sue regole, i suoi principi, i suoi comportamenti, i suoi diritti e i suoi doveri. Spesso le cose vanno male quando i cittadini non si assumono le proprie responsabilità, quando agiscono non in conformità alle leggi e alle regole che una Comunità esige, quando si arrogano il diritto di fare tutto quello che vogliono senza rispettare le regole. In molti casi la legge esiste ed è ben chiara, ma manca assolutamente la coscienza di quello che si è, delle responsabilità che si hanno, del ruolo che la Comunità esige da noi, dall’importanza che ciascuno di noi riveste nella vita quotidiana. Il cittadino è una presenza fondamentale nella dinamica educativa generale, perché genera attenzione, osservazione, idealità, fantasia e intelligenza. Non è sempre facile essere positivi e propositivi, ma i cittadini devono adire a queste finalità e operare sempre per il bene della Comunità. In molti casi la demotivazione nasce da una scarsa attenzione, da una prolungata sottovalutazione, da varie forme di superficialità. La Comunità deve essere attenta a promuovere, a valorizzare, a premiare e a incoraggiare. Molte esperienze hanno dimostrato e dimostrano che l’autostima interviene quando la persona si sente protagonista della propria storia e di quella della Comunità nella quale vive, quando si sente utile, quando è parte viva di un cammino, quando si sente inserita, accettata, sollecitata e amata. Per questo le persone vanno stimolate, incoraggiate, messe nella condizione di camminare insieme verso una meta comune. Uno dei compiti più difficili, ma allo stesso tempo più stimolanti dell’educazione è proprio quello di riuscire a valorizzare quei giovani che vivono ai margini della società, che non hanno avuto la fortuna di vivere situazioni protette, che incappano nell’indifferenza della gente e magari di chi ha il compito di educarli. E’ in queste circostanze che si creano i buchi neri, quelle zone oscure che possono far scoppiare la violenza e tutte quelle forme di trasgressione e prevaricazione che sono latenti nella natura umana. Bisogna ricreare le condizioni di una normalità, promuovendo varie forme di riconoscimento umano, morale e materiale. Le persone devono sentire che la società non si dimentica di loro e che ne riconosce i meriti. Riattivare la meritocrazia significa stimolare l’impegno quotidiano, riaccendere la forma nobile della competizione, quella che sviluppa volontà, determinazione, voglia di essere protagonisti e non sudditi della storia umana. Una Comunità diventa viva e operativa quando riesce a condurre fuori tutte le sue straordinarie potenzialità, in una dimensione collaborativa generale. L’esempio più incisivo al riguardo è quello della famiglia. Perché la famiglia è così importante nella storia dell’umanità? Perché riassume in sé tutti i caratteri della storia umana: amore, collaborazione, divisione dei compiti, diritti, doveri, impegno, fatica, cooperazione, insegnamento, formazione, diversità, educazione, cultura. La famiglia è il modello a cui ogni società può e deve ispirarsi per ritrovare dentro di sé la forza di essere propositiva sempre, in ogni circostanza. Noi crediamo che la famiglia abbia una funzione determinante nella vita di una Comunità, è il perno attorno al quale si sviluppano quei valori che abbiamo un pochino dimenticato e che dobbiamo ritrovare, se vogliamo costruire un paese responsabile, ordinato, vivo, educato, accogliente e amato da tutti, da coloro che lo abitano e da coloro che lo vivono come meta turistica. La famiglia non deve diventare una entità chiusa, ma deve essere messa nella condizione di aprirsi, di condurre fuori tutta la sua potenzialità. Nel paese non esistono alcune famiglie, ma le famiglie, con tutti i loro pregi e i loro difetti. In molti casi ci si dimentica di quella parte della popolazione che ha contribuito in modo determinante a far crescere il paese, a renderlo più adeguato alle esigenze di una Comunità che si allarga sempre di più, che ha bisogno di nuovi impulsi per vivere la modernità. Spesso abbiamo dei patrimoni e non li valorizziamo, perché siamo individualisti, non diamo via libera al nostro cuore e alla nostra mente, ci chiudiamo in nicchie protettive che non ci consentono di vedere la realtà nella sua pienezza e pensiamo di avere la verità in tasca. Dobbiamo evitare di settorializzare la realtà, di creare dei mondi ideali che non esistono, dobbiamo cercare di allargare il nostro livello di accoglienza, di metterci in discussione uscendo dagli schemi usuali e di dare via libera ad un dialogo costruttivo con tutti. Bisogna ricreare lo spirito di una competizione che valorizzi al massimo livello la volontà di ciascuno, la sua voglia di sentirsi amato, il suo desiderio di esserci e di meritare quell’attenzione che fa lievitare l’amor proprio, lo spirito di servizio, l’anelito comunitario che alberga in ognuno. Occorre dimenticare le logiche del potere e lasciare via libera a quelle della dignità umana, perché tutti abbiano la possibilità di dimostrare almeno una volta nella loro vita che la vita stessa è un dono unico e stupendo, di cui non siamo e non possiamo essere né giudici né manipolatori. Il premio crea entusiasmo, autostima, collaborazione, amore, impegno, è la dimostrazione umana che tutti abbiamo bisogno di sentirci capiti e amati.
LA FAMIGLIA E’ IL VOLANO DI UN PAESE
Riconoscere le proprie responsabilità significa avere ben chiari i diritti e i doveri che regolano le dinamiche comportamentali ed essere quindi nella condizione di saperli esercitare nell’interesse dei singoli componenti e in quello dell’unità stessa del nucleo famigliare. La famiglia in molti casi perde la sua vocazione educativa, formativa e orientativa, tende a delegare il proprio dovere educativo alla scuola, a persone, a istituzioni, ad agenzie, a enti pubblici. In questo modo perde di vista le sue funzioni fondamentali. Noi pensiamo che la Comunità abbia bisogno della famiglia, delle sue risorse, dei suoi talenti, della sua esperienza educativa, della sua forza generativa, della sua unità, del suo esempio e della sua storia. La famiglia è la vita di un paese. In questi anni di profondi cambiamenti ha perso un po’ della sua autorità, in particolare sui figli, che in qualche caso vivono adottando varie forme di arbitrarietà. A volte si tende ad assolvere ogni tipo di prevaricazione o di trasgressione, onde evitare di prendere posizioni o inimicarsi i componenti. La protezione spesso diventa il trampolino di lancio per poter agire nella più completa liceità e questo non giova all’assunzione di senso di responsabilità. I figli diventano grandi sbagliando e riflettendo sugli errori commessi, ma devono avere la possibilità di riconoscere il proprio errore, non è educativo proteggere esclusivamente per ragioni di carattere affettivo, senza tenere nella giusta considerazione che l’errore è il punto di partenza per una svolta positiva nella vita di una persona. Pensiamo che la famiglia debba svolgere con grande impegno e determinazione il suo ruolo, tornando a essere il libro aperto della cultura familiare e di quella sociale. Deve riattivare la sua storia, la sua comunicazione, il suo essere patrimonio insostituibile di racconti, episodi, usi, costumi, tradizioni, proporsi come ambiente, calore, dinamismo, dialogo, deve ritornare ad essere il luogo in cui il tempo e lo spazio assumono contorni ben definiti, dove si insegna e si impara nel confronto e nella diversità, dove l’affetto diventa grande e si trasforma in maturità civica e sociale, favorendo quel miracoloso passaggio di valori che sono il sale della civiltà comunitaria. Per questo deve essere messa nella condizione di esprimere la propria storia. Una Comunità sarà tanto più forte e credibile se avrà come struttura portante la forza delle famiglie, la loro unità, la loro coesione, la loro esperienza e la loro capacità di essere rivelatrici di strategie educative. Mai come in questi momenti di generale difficoltà di vario ordine e grado i giovani sentono la necessità di avere accanto il papà e la mamma, sentire la loro presenza, il loro affetto, la loro capacità di trasformare in speranza le piccole e grandi frustrazioni della vita. L’antagonismo non giova, giova invece mettersi in una condizione di ascolto, di aiuto reciproco, di solidarietà e di comprensione. Non esistono famiglie di serie A e famiglie di serie B, esiste la famiglia con la sua ricchezza e con i suoi problemi, con le sue difficoltà e le sue speranze. In questi tempi difficili occorre mantenere salda la nostra cultura, quella che si lega ai valori umani e religiosi che hanno fatto e che fanno la storia di questa straordinaria società umana.
LA FAMIGLIA NELLA LEGGE
COSTITUZIONE ITALIANA
I DIRITTI ETICO – SOCIALI
Art. 29 – La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.
Art. 30 – E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Art. 31, c. 1 – La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
RIFORMA DELDIRITTO DI FAMIGLIA (1975).
Art. 138. Esercizio della potestà dei genitori.
Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all’età maggiore o alla emancipazione.
La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.
Art. 143. Diritti e doveri reciproci dei coniugi.
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
Art. 143 – bis. Cognome della moglie.
La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
Art. 143 – ter. Cittadinanza della moglie.
La moglie conserva la cittadinanza italiana, salvo sua espressa rinunzia, anche se per effetto del matrimonio o del mutamento di cittadinanza da parte del marito assume una cittadinanza straniera.
Art. 144. Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia.
I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
A ciascuno dei coniugi spetta di attuare l’indirizzo concorda
Art. 147. Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
I COMPONENTI DELLA FAMIGLIA HANNO DIRITTI E DOVERI.
DIRITTI DEL PADRE :
– diritto alla fedeltà ;
– diritto all’assistenza morale e materiale ;
– diritto alla collaborazione nell’interesse della famiglia ;
– diritto alla coabitazione.
DOVERI DEL PADRE :
– contribuire ai bisogni della famiglia ;
– mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale
e delle aspirazioni dei figli.
DIRITTI DELLA MADRE :
– diritto alla fedeltà ;
– diritto all’assistenza morale e materiale ;
– diritto alla collaborazione nell’interesse della famiglia ;
– diritto alla coabitazione.
DOVERI DELLA MADRE :
– contribuire ai bisogni della famiglia ;
– mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
DIRITTI DEI FIGLI :
– hanno il diritto di vedere rispettate le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni proprie.
DOVERI DEI FIGLI :
– nutrire riconoscenza, rispetto e stima nei confronti dei genitori ;
– collaborare, nei limiti delle proprie capacità, alle attività familiari ;
– contribuire alle spese, se svolgono un lavoro e vivono in casa :
– se i genitori non sono più in grado di mantenersi economicamente o necessitano di cure e assistenza, tutti i figli devono prendersi cura di loro e provvedere alle necessità.
ECCO DUE TESIMONIANZE CHE CI FANNO CAPIRE QUANTO LA FAMIGLIA SIA NEL CUORE E NELLA MENTE DELLE GIOVANI GENERAZIONI
DANIELA
“Nella mia famiglia cercherò di mantenere un equilibrio stabile. Per non viziare i miei figli, insegnerò loro a collaborare nelle faccende domestiche, in modo tale che crescano indipendenti e collaborativi. Secondo i voti che prenderanno a scuola, avranno più o meno tempo libero per giocare e uscire con i loro amici. Li avvierò all’attività sportiva, perché la ritengo molto utile per una buona crescita fisica e mentale. Saprò dire no quando la situazione lo richiederà. Lascerò loro quella libertà che serve per crescere, per imparare a vivere. Sarò sempre pronta ad aiutarli nel momento del bisogno. Cercherò di far capire loro i veri valori della vita: l’amore per la natura, per il prossimo, l’onestà e la sincerità. Insegnerò ad apprezzare quello che hanno e soprattutto dovranno portare rispetto a tutti. Saprò essere severa, ma allo stesso tempo cercherò di stabilire un rapporto amichevole, basato sulla fiducia e sul dialogo, in modo tale che abbiano sempre un punto di riferimento sicuro con cui confrontarsi. Credo molto nel dialogo tra genitori e figli. Avrò il mio lavoro, ma non li trascurerò. Passerò ogni istante di tempo libero accanto a loro, alle loro gioie e ai loro problemi. Come tutti i genitori vorrò loro un mondo di bene”.
ANDREA
“Carissime, vi ringrazio per tutto il bene che avete donato alle nostre comunità. Senza di voi la società sarebbe un corpo senz’anima, uno sguardo senza sorriso. Vigilate sui vostri figli, siate loro vicino, non abbandonateli davanti a un video o nel bel mezzo di una strada con cattive compagnie. Cercate sempre di trovare spazio e tempo da dedicare ai loro problemi, alle loro difficoltà, alle loro gioie. I figli hanno bisogno dei genitori, anche solo per una parola di incoraggiamento. Non lasciatevi travolgere dalla superficialità dei tempi che stiamo vivendo, credete nella vostra unione, nella vostra forza e nella vostra missione. Sono felice di potervi parlare, perché così posso esprimere tutta la mia riconoscenza per quello che avete fatto, ma soprattutto per quello che saprete fare per il bene della nostra gioventù. Vi auguro un mondo di bene. Un abbraccio fraterno”.
DIALOGARE E’ FONDAMENTALE
Dialogare significa stabilire un ponte comunicativo. Se vogliamo costruire una Comunità a misura d’uomo dobbiamo aprirci alla comunicazione, al confronto con gli altri, mettendo da parte pregiudizi e faziosità. La diversità è un valore aggiunto e come tale va salvaguardata e potenziata, non deve diventare motivo di scontro. Spesso vorremmo esprimere liberamente il nostro pensiero, vorremmo dare un contributo di idee e di contenuti alla Comunità nella quale viviamo, ma non riusciamo o per colpa nostra o per colpa di chi è prevenuto nei nostri confronti. Com’è possibile uscire dalla incomunicabilità e da tutte quelle sicurezze che ci siamo costruiti pensando che solo il nostro punto di vista sia quello giusto? Arretrando, facendo un passo indietro, mettendo per un attimo da parte le nostre certezze, predisponendoci all’ascolto e al dialogo con i nostri interlocutori, mettendoci in discussione. La forza dei cittadini sta nella loro capacità di mettersi in ascolto. Pensare, riflettere, confrontarsi, sviluppare il senso critico sono passaggi importanti per la crescita di una personalità forte e matura, attenta al bisogno dell’altro. Se ci fosse una maggiore apertura sui temi e sui problemi della Comunità sarebbe più facile trovare soluzioni, sviluppare forme armoniche ed equilibrate di convivenza civile, collaborare alla costruzione del Bene comune. Il dialogo assume una importanza ancora maggiore in una Comunità che deve accogliere persone provenienti da altri paesi. Dialogare significa infatti avere un colloquio aperto e costruttivo, premessa per una integrazione consapevole, capace di sviluppare una cultura integrata ed una comprensione sempre più adeguata alle necessità dei tempi. Chi dialoga si arricchisce, riceve e dona, stabilisce un rapporto collaborativo con il mondo, crea le premesse di una convivenza fondata sulla tolleranza e sul rispetto.
ALCUNE REGOLE PER UNA CONVIVENZA MIGLIORE
A VOLTE BASTA POCO PER STABILIRE UNA VITA DI RELAZIONE PIU’ GIUSTA PER TUTTI. IL RISPETTO E’ LA BASE DA CUI PARTIRE PER COSTRUIRE UNA COMUNITA’ A MISURA D’UOMO.
Non buttare la carta per terra, ci sono i contenitori appositi, basta usare un po’ di buona volontà. La forza di una comunità nasce dalle piccole cose, da piccoli atti quotidiani. L’ambiente è la nostra seconda casa, la sua pulizia e il suo ordine dipendono da tutti noi.
Dopo aver bevuto un’aranciata o una coca cola, metti la lattina nell’apposito contenitore, ti sentirai un cittadino responsabile, sarai contento di aver contribuito a difendere e a proteggere la qualità della vita del tuo paese.
Se vedi qualcuno che butta lattine o bottiglie di vetro per terra, invitalo con gentilezza a raccoglierle.
Ogni volta che prevarichi la libertà degli altri, pensa se gli altri prevaricassero la tua.
Usa la macchina, la moto, lo scooter e i mezzi motorizzati solo quando è strettamente necessario e nel pieno rispetto della segnaletica stradale. In questo modo tuteli la tua salute, quella dei tuoi figli e quella della comunità nella quale vivi, evitando pericoli per la tua vita e per quella degli altri.
Camminare, passeggiare, andare in bicicletta favorisce la socializzazione, migliora il nostro stato di salute, ci aiuta a vivere meglio l’ambiente, rispettandolo.
Se camminando per la strada trovi un sacchetto di carta o di plastica o qualsiasi rifiuto abbandonato, chinati, raccoglilo e mettilo nel contenitore dei rifiuti, ti sentirai un cittadino che ama l’ambiente in cui vive.
Evita rumori molesti: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
Quando cammini per la strada sii vigile, cerca di osservare la realtà che ti circonda e se per caso ti capitasse di essere testimone di trasgressioni e prevaricazioni non mettere la testa sotto l’ala, riferisci alle autorità competenti ciò che hai visto: sii collaborativo.
Rispetta l’arredo del tuo paese, non è per caso, è frutto dell’impegno finanziario di tutti i cittadini.
Rispetta i giardini, le vie, le strade, le piazze, i monumenti, i muri, tutto appartiene alla comunità e tutto contribuisce a rendere bello e accogliente, amato e apprezzato il nostro paese.
Se porti il tuo cane a fare i bisogni nelle vie, magari vicino ai cancelli o alle abitazioni, munisciti di tutto l’occorrente per pulire nella eventualità in cui dovesse sporcare. E’ un atto dovuto alla comunità nella quale vivi.
Evita di fare la pipì dietro l’angolo. Gli angoli del paese non sono gabinetti a cielo aperto.
Compi ogni giorno un’ azione concreta a difesa o a protezione dell’ambiente, ti sentirai partecipe e responsabile della vita della tua comunità.
Non scrivere sui muri, è un grave atto di inciviltà, di mancanza di rispetto nei confronti dei singoli e della comunità. Pensa se gli altri facessero la stessa cosa sui muri di casa tua.
Iscriversi o partecipare alla vita delle associazioni che si occupano della tutela e della promozione dell’ambiente è un modo corretto ed educativo per approfondire i problemi e migliorarne la coscienza critica.
Non buttare immondizie nei boschi. I boschi sono una risorsa inestimabile, una vera e propria palestra di vita. Rispettane la bellezza e la dignità.
Segnala eventuali dissesti del territorio: erosioni, incendi, smottamenti, frane, caduta di massi e pietre. Una segnalazione rapida e preventiva può evitare gravi danni al paesaggio e alle persone. Collaborare significa difendere, proteggere e promuovere il territorio nel quale viviamo.
Non sputare per terra, è una grave mancanza di rispetto nei confronti dell’ambiente e delle persone che lo abitano.
Non buttare i mozziconi di sigaretta per la strada: inquinano.
Rispetta le piante, sono le migliori amiche della nostra salute.
Metti in pratica la raccolta differenziata, inizialmente farai fatica, ma alla fine ti sentirai fiero di essere collaborativo e rispettoso delle regole comunitarie
Rispetta il silenzio, è una grandissima fonte di benessere fisico e mentale.
Mantieni pulito lo spazio antistante la tua casa, è una straordinaria forma di collaborazione e di rispetto.
Ogni volta che urli di giorno, di sera o di notte ci potrebbe essere qualcuno che soffre e che ha bisogno della tua discrezione e del tuo silenzio. Impara a vivere nell’ascolto degli altri.
Tratta l’ambiente in cui vivi come se fosse il giardino di casa tua, con lo stesso rispetto e con lo stesso amore.
Non bestemmiare, è una gravissima mancanza di rispetto.
Guida la macchina e tutti i mezzi motorizzati con equilibrio e buon senso, rispettando la tua vita e quella degli altri.
Parcheggia nei luoghi indicati.
Impegnati nella promozione dell’ambiente in cui vivi, ti sentirai fiero di diventare protagonista della sua storia.
Aiuta sempre le persone anziane, ricordati che un giorno diventerai vecchio anche tu e avrai bisogno di qualcuno che ti aiuti.
Non dire parolacce, ricordati che il mondo ti ascolta e ti giudica. Rispetta te stesso e le persone che vivono accanto a te.
Quando piove e passi per le vie del paese con la macchina, evita di accelerare, perché schizzi acqua e fango contro le persone. Pensa se qualcuno facesse la stessa cosa con te.
Ogni volta che fai del male agli altri, ricordati che lo fai prima di tutto a te stesso.
Quando hai un attimo di tempo leggi un buon libro, è un ottimo antidoto alla noia, alla solitudine e contribuisce a potenziare la sfera intellettiva.
Se vedi un anziano in difficoltà, porgigli il tuo aiuto, sarai felice di aver compiuto una buona azione.
Ricordati che il rispetto è il segreto per far diventare grande e amato il tuo paese.
EDUCARE E’ PARTIRE DALLE PICCOLE COSE
Molti pensano che l’educazione sia una limitazione alla propria libertà, una forma di subalternità rispetto alle altre persone. L’educazione è semplicemente il mettere in pratica quello che ci hanno insegnato i nostri genitori, i nostri nonni, la nostra scuola e tutte le persone che ci vogliono bene. Chi si comporta in modo educato è un cittadino che vive appieno la sua libertà, nel rispetto della libertà altrui. Vivere educatamente significa vivere senza frustrazioni, con cuore e mente leggeri, compiendo il proprio dovere, in armonia con la Comunità. Nessuno è depositario dell’educazione, tutti impariamo giorno per giorno, qualche volta con fatica, perché l’educazione è una conquista quotidiana, è frutto di una elaborazione costante che costringe a riflettere, a pensare, a fare un profondo esame di coscienza per superare quella parte di noi stessi che vorrebbe dare libero sfogo ai cattivi comportamenti. Non è sempre facile quindi essere educati, ma bisogna cercare di esserlo sempre un pochino di più, anche quando verrebbe voglia di essere il contrario, perché è l’unica via che ci permette di crescere e di far crescere il paese in cui viviamo. Per raggiungere questo obiettivo bisogna che si crei un filo diretto tra tutte le agenzie educative: famiglia, scuola, oratorio, chiesa e associazioni. Bisogna che si instauri una convergenza educativa sui valori da insegnare e da applicare. Quali potrebbero essere questi valori fondamentali? RISPETTO, PARTECIPAZIONE, COLLABORAZIONE, IMPEGNO. E’ necessario riconoscere che abbiamo bisogno di migliorarci, perché non s’ impara mai abbastanza ed è assolutamente necessario che l’educazione si fondi sull’esempio e sull’autorità. Autorità non è imposizione o limitazione, ma semplicemente l’importanza che alcune regole e alcuni valori assumono nello sviluppo educativo di una Comunità, nella capacità di saperli rappresentare correttamente. Una comunità, pur conservando per diritto riconosciuto le sue peculiarità, le sue diversità e la sua cultura, deve cercare di armonizzarsi e questo avviene nella fase di riconoscimento dei propri diritti e dei propri doveri. Avere dei doveri significa avere coscienza che una parte della nostra esistenza si svolge in uno stretto rapporto con le persone che insieme a noi formano la nostra Comunità e con le quali, volenti o nolenti, dobbiamo interagire. L’educazione al rispetto dei propri doveri porta ad un miglioramento del comportamento collettivo, in particolare di quello giovanile, che è il più soggetto al disagio. Spesso assistiamo a forme di intolleranza e di aggressività, di palese violazione del rispetto, di comportamenti che rivelano i profili di una natura violenta. La società adulta ha il compito di trovare soluzioni costruttive. In molti casi la gioventù non ha modo di manifestare la propria vitalità, il proprio senso creativo, la propria dimensione critica, spesso è abbandonata al proprio destino, vive situazioni di assoluta monotonia, caratterizzata da mancanza di entusiasmo, da una diffusa apatia e dalla noia, manca di motivazioni che tocchino la sfera dell’interiorità.
ESSERE CITTADINI E’ UN INCARICO STUPENDO
Essere cittadini è un “incarico” stupendo, un impegno di grande spessore umano, morale, civile e culturale.
Il cittadino costruisce la Famiglia, la Società e lo Stato.
E’ lui, con le sue qualità, i suoi valori, la sua rappresentatività, ad essere il protagonista della storia, basta solo che si convinca e che non dica: “Lasciamo perdere, tanto le cose andranno sempre così”.
Il cittadino partecipa alla vita della Comunità, porta la sua personalità, i suoi consigli, le sue ricchezze, la sua onestà, la sua volontà di costruire il Bene comune.
Il cittadino collabora perché la società migliori non solamente sul piano del benessere economico, ma soprattutto su quello dei comportamenti.
Quando vediamo giovani che commettono atti d’intemperanza, trasgressioni e malefatte di ogni ordine e grado, dovremmo fare un profondo esame di coscienza e domandarci se abbiamo fatto, come cittadini, tutto quello che avremmo dovuto fare per evitarlo.
Un giovane non nasce trasgressivo, molto spesso lo diventa, perché nessuno lo ha avviato a sentirsi responsabile, nessuno lo ha educato a esercitare il proprio ruolo nella comunità.
Uno dei drammi del nostro vivere quotidiano è che si cerca sempre di delegare, di farsi i fatti propri, di essere diventati un po’ sordi e un po’ muti, ci si lascia sopraffare dagli eventi e si fa poco per restituire alla dignità la sua immagine.
Quando i cittadini scoprono la loro forza, allora il mondo cambia e il male deve ritirarsi, per fare spazio all’immensa forza del bene.
La Famiglia, la Scuola e la Comunità hanno un ruolo decisivo nella formazione del cittadino.
Il paese in cui viviamo è una realtà da vivere, è il luogo della nostra storia, è fonte di ricordi e di cultura. E’ il libro aperto che dobbiamo far conoscere ai nostri figli, ai nostri nipoti, alla gente che ci viene a trovare, ai turisti. Per tutte queste ragioni dobbiamo prenderne “possesso”, perché ci appartiene. I giorni prefestivi e quelli festivi sono i più adatti per viverlo con la famiglia. Una passeggiata nelle sue vie, nelle sue piazze, nei suoi rioni, favorisce il relax, la socializzazione, la scoperta e la riscoperta, la presa di coscienza, l’amore per l’arte e per la natura. E’ il momento in cui la famiglia si racconta e racconta, senza quei condizionamenti che limitano tantissimo la nostra libertà. Andare ad ascoltare la Santa Messa a piedi può essere un momento di grande riappropriazione familiare e comunitaria, senz’altro un esempio per quelle persone che hanno perso il gusto della passeggiata mattutina o pomeridiana. Passeggiare di giorno e di sera, soprattutto nella bella stagione, significa dare voce al proprio territorio e garantirgli tranquillità, allegria e sicurezza. Dunque la famiglia può fare davvero tanto per restituire dignità a quelle zone che spesso rimangono isolate, senza vita, alimentando così varie forme di disagio. Spesso la vita comunitaria si limita a feste comandate o a manifestazioni organizzate. Noi pensiamo che tutto concorra a sviluppare la socialità, ma crediamo altresì che la socialità non si debba fermare a scadenze, non debba diventare un calendario. Anche durante la settimana le famiglie e le persone possono prendere possesso del loro paese, vivendolo senza l’uso forzato delle auto o delle moto. Educare o educarsi al movimento è un’ottima scelta di vita. In molti casi pensiamo allo sport come a qualcosa di grande o di straordinario, in realtà lo sport migliore è quello che favorisce il nostro star bene, quello che possiamo praticare un po’ tutti i giorni passeggiando, correndo, percorrendo in lungo e in largo i bellissimi rioni del nostro paese. Le famiglie dovrebbero stimolare i propri figli a vivere intensamente il territorio, visto che offre bellezze e occasioni di ogni tipo. Meno mezzi motorizzati e più movimento umano favoriscono una crescita più sana e solidale e, soprattutto, i ragazzi imparerebbero a conoscere e a rispettare maggiormente l’ambiente in cui vivono. E’ necessario coinvolgere i giovani in attività guidate: corsi di doposcuola, attività sportive, passeggiate alla scoperta del territorio, gite in bicicletta, attività legate alle strutture del paese (tennis, calcetto, gioco delle bocce, calcio, corsa). Ci sono iniziative che si possono attivare lungo tutto il corso dell’anno, magari con la presenza di qualche adulto esperto, di genitori, di volontari, di persone che hanno voglia di coinvolgere o di lasciarsi coinvolgere da attività educative. I giovani hanno bisogno di filtri, di persone che li sappiano entusiasmare, orientandoli verso obiettivi validi. Ci sono tante iniziative che si possono attivare e che non costano nulla, solo un po’ di buona volontà. Ci sono iniziative che potrebbero favorire la socializzazione a costo zero. Il paese dispone infatti di una straordinaria ricchezza umana: lavoratori, padri e madri, professionisti, artisti, uomini di cultura, sportivi, gente di spettacolo, tutte persone che potrebbero interagire con il pubblico e in particolare con il mondo giovanile, portando alla luce i segreti di una professione, di una iniziativa, di un percorso di vita, di una esperienza, di un hobby, di una scelta. Ogni persona è un grande serbatoio di esperienze, consigli, esempi, aspirazioni, vocazioni e idealità. L’esperienza degli altri aiuta a scoprire meglio chi siamo, qual è il nostro ruolo nella società, favorisce l’apertura intellettuale, la conoscenza della realtà in tutte le sue sfumature, la voglia di essere positivamente competitivi, di cercare una risposta positiva alle nostre aspirazioni e alle nostre attese. Creare serate o pomeriggi a tema aiuterebbe a capire meglio il mondo in cui viviamo e soprattutto favorirebbe lo scambio della comunicazione, la conoscenza reciproca, l’approfondimento umano e culturale. La conoscenza è il primo passo per stabilire relazioni utili e durature.
L’educazione è la chiave di lettura della maturità di un paese, per questo bisogna coltivarla, consolidarla, potenziarla e promuoverla, perché diventi patrimonio di tutti, nessuno escluso.
L’IMPORTANZA DI ESSERE CONVERGENTI
La forza di un paese sta nella sua capacità di essere convergente rispetto agli obiettivi che vuole raggiungere. I valori sono il fondamento di una Comunità, per questo richiedono attenzione, partecipazione, confronto, dialettica, sviluppo, ideazione, collaborazione e solidarietà. Una situazione di malessere non alimenta quello spirito di ricerca e di collaborazione che dovrebbe essere la base sulla quale costruire il processo formativo e soprattutto non aiuta a raggiungere gli obiettivi previsti. Per migliorare la qualità della vita occorre che si instauri il massimo della convergenza possibile tra coloro che sono deputati alla costruzione formativa della Comunità. La qualità della vita del paese nasce dall’incontro e dal confronto di energie che, collaborando, diventano sinergiche, uniscono cioè le loro forze per raggiungere gli obiettivi, che devono essere chiari, devono cioè sollecitare le necessità e i bisogni della gente, indipendentemente da varie forme di rifiuto o di qualunquismo. Viviamo un’epoca che ha rapidamente accolto e fatto propri i valori della società tecnologica, ma che si è completamente dimenticata che la condizione umana era e resta la base sulla quale appoggiare vari aspetti ed elementi del progresso. In molti casi usiamo il progresso, ma ne diventiamo vittime, perché non ne sappiamo gestire l’essenza e le finalità. C’è gente che usa la macchina, la moto, lo scooter e il telefonino in maniera del tutto sbagliata, come se si trattasse di giocattoli con i quali sfogare la propria energia repressa o le proprie frustrazioni. Tutto ciò evidenzia uno scollamento delle agenzie formative deputate al passaggio di una corretta comunicazione educativa sul progresso stesso, si ha infatti la netta sensazione che ciascuno vada per la propria strada e che siano venute a mancare la spinte motivazionali, funzionali, educazionali e relazionali. Un eccesso di individualismo porta alla graduale frantumazione dei valori societari, di quei valori cioè che formano la piattaforma educante sulla quale la società costruisce la propria esistenza quotidiana. I cittadini e le istituzioni vivono situazioni del tutto anomale che hanno ricadute negative sul mondo giovanile, alle prese con i suoi processi di identificazione, di appropriazione e di maturazione. I giovani, in questo particolare momento, hanno bisogno di avere idee chiare, ma perché ciò avvenga è necessario che il mondo adulto comprenda l’importanza di finalizzare il progresso e di essere convergente rispetto alle linee guida da adottare e agli obiettivi da raggiungere. I cittadini devono essere messi nella condizione di capire, di dialogare, di riappropriarsi del loro ruolo educante, della loro attività pensante, del loro essere esempi credibili. Di solito alla base di comportamenti trasgressivi ci sono situazioni di grave malessere che trovano una loro forma di rivalsa sulla società. La frustrazione può avere origini diverse: può essere una componente caratteriale della persona, frutto di situazioni di disagio familiare, scolastico, di difficoltà legate alla crescita, di carenze di tipo affettivo, di una assoluta mancanza di filtri educativi o altro. Resta comunque il fatto che all’origine non c’è stata una educazione alla finalità. Cosa si può fare per ovviare a queste mancanze? Bisogna che i rappresentanti delle istituzioni educative si incontrino e si interroghino su come affrontare in chiave educativa e formativa il fenomeno, ricercando linee di intervento comuni. Di solito le situazioni diventano pesanti e pericolose quando vengono sottaciute, quando per molto tempo si fa finta di niente, sperando che i fenomeni si risolvano da soli, quando si usa l’omertà per coprire responsabilità di vario ordine e grado o quando non si ha la percezione esatta dei fenomeni o dei segni che denotano situazioni di disagio. Chi sono i rappresentanti delle massime agenzie educative? Le figure rappresentative del sistema e i cittadini tutti, nessuno escluso. Per troppo tempo il cittadino non ha avuto un ruolo da protagonista vero della sua storia, è sempre stato considerato come la pedina necessaria per raggiungere fini utilitaristici. Non è cresciuto, soprattutto non è stato messo nella condizione di crescere. Si è preferito usarlo, tenerlo in una situazione di sudditanza fisica, morale e psicologica, facendogli credere di essere lui il sovrano, l’ago della bilancia, quando invece è stato soltanto il legittimatore di scelte e interessi piovuti dall’alto. Ancora oggi, nonostante la Costituzione italiana gli conferisca un ruolo determinante e decisivo sul piano formale, è svuotato di potere contrattuale, deve sempre appoggiarsi a qualcosa o a qualcuno per dimostrare di essere una parte fondamentale del gioco democratico. In alcuni paesi del nord Europa i cittadini hanno sviluppato una fortissima dimensione identitaria, sono assolutamente vincolati al sistema comunitario di cui fanno parte, lo sentono come loro, come il prolungamento di se stessi, quindi operano e si attivano con una fortissima determinazione costruttiva. Si sentono al centro, sanno che da loro dipendono la forza e la bellezza del mondo in cui sono nati e cresciuti. Da noi invece il cittadino è marginale, è sempre in posizione difensiva, si sente spiazzato da una gerarchia impietosa e completamente priva di attenzione vera e profonda nei suoi confronti. Nel panorama italiano c’è una rincorsa al posto di prestigio, al successo, e in questa lotta di potere il cittadino perde la sua identità, si configura come uomo di parte, come pedina di chi lo usa. Dunque il grande passo da fare è quello di far prendere coscienza alle persone che sono parte fondamentale del processo democratico, non solo quando si tratta di votare per tizio o per caio, ma anche e soprattutto nella vita quotidiana della città e dei paesi. Il cittadino deve diventare lui stesso tutore dell’ordine, deve avere un potere contrattuale, la capacità di essere in prima linea nella difesa e nella promozione delle libertà democratiche, deve avere la certezza di contare, di essere parte attiva e operativa della società in cui vive. Prendere coscienza è il primo passo e non bisogna cadere nella difesa omertosa, quella secondo la quale è impossibile che il proprio paese possa avere dei problemi, perché è il migliore dei paesi possibili. In questi anni di individualismo sfrenato si è persa di vista la globalità dei problemi e ciascuno procede secondo logiche esistenziali proprie o di piccoli gruppi, creando a sua insaputa delle piccole lobby, con tutti i difetti e i problemi delle lobby: il pensare e il credere che il proprio modo di pensare e di agire sia il migliore, che la propria intelligenza sia superiore a quella degli altri e così via, fino ad arrivare a coloro che si sentono i padroni del paese perché appartengono alla cerchia ristretta delle autorità di turno. L’analisi dunque deve essere razionale, equilibrata, decisa, collaborativa, propositiva, non deve lasciare nulla a varie forme di protezionismo emotivo. Se il problema esiste bisogna correggerlo e la correzione deve emergere da un dialogo e da un confronto dinamico e costante. Quali potrebbero essere gli obiettivi comuni e condivisi dalle massime agenzie formative del paese? Alla base di tutto ci dovrebbe essere un grande rispetto. Le persone devono imparare a capire che la vita esige rispetto. Senza il rispetto non si va da nessuna parte. Un paese che non adotta il rispetto come forma di relazione comunitaria è destinato a diventare preda della violenza, della prevaricazione, dell’arbitrarietà e dell’anarchia. Il rispetto verso se stessi, il rispetto verso la persona, il rispetto verso le cose, il rispetto verso l’ambiente, il rispetto verso i luoghi sacri, sono tutte forme di rispetto necessarie per costruire una Comunità unita, civile, forte, rispettata e amata. Sul rispetto si può costruire una bellissima carta educativa che tocchi tutte le direzioni della vita comunitaria. Essere convergenti è semplicemente essere d’accordo su come gestire l’impegno educativo per realizzare il Bene comune. Proviamo a dare un contenuto agli obiettivi:
PRIMO OBIETTIVO: il rispetto di sé – Rispettare se stessi significa prendere coscienza della propria identità, capire chi siamo, qual è il nostro ruolo nella Comunità, cosa possiamo fare per migliorare il nostro patrimonio umano, sociale e culturale e quello della Comunità nella quale siamo inseriti. Il rispetto di sé passa attraverso l’autocontrollo e cioè la capacità di saper gestire positivamente il nostro linguaggio, il nostro livello di partecipazione e il nostro livello relazionale. Rispettare se stessi significa essere consapevoli che il nostro corpo e la nostra mente hanno delle finalità precise che vanno nella direzione di un rafforzamento della qualità della nostra vita e della Comunità.
SECONDO OBIETTIVO: il rispetto degli altri – Rispettare gli altri è la parte più bella e complessa del nostro percorso educativo. E’ quella che si rapporta alla gente, al costume, al vivere insieme, allo scoprire nell’altro una parte di noi, quella che a volte riesce difficile da accettare, perché ci induce a ragionare, a mediare, a dare un senso e una misura alla nostra libertà. Rispettare gli altri significa essere coscienti che la forza e la ricchezza di un paese stanno nella diversità, nella complementarietà, nella consapevolezza che abbiamo bisogno degli altri sul piano materiale, umano e culturale. Senza il prossimo la nostra vita sarebbe più arida, priva di quello slancio vitale che la rende positivamente competitiva. L’altro è la persona che ci aiuta a costruire quella parte di Comunità che da soli non saremmo in grado di costruire. Per sviluppare una forte tensione relazionale bisogna rafforzare la socializzazione, creando occasioni d’incontro, di dialogo, di lettura, di studio, di gioco, di sport, di lavoro, di festa. In molte circostanze ci sono attività che richiedono un rapporto interattivo, di aiuto reciproco. E’ importante portare i giovani a scoprire la bellezza dell’altro, la sua disponibilità, la sua cultura, il suo entusiasmo, la sua esuberanza, i suoi sentimenti e i suoi pensieri. Ogni persona è un piccolo mondo, una straordinaria risorsa. Rispettare gli altri è importante perché sono una parte fondamentale della nostra esistenza, quella che interagisce con la nostra e ci aiuta a comprendere quanto sia straordinario il mistero della vita.
TERZO OBIETTIVO: il rispetto verso l’ambiente – Rispettare l’ambiente è una grande forma di civiltà. L’ambiente è il luogo dove viviamo la nostra vita, è la casa più grande, quella che ospita le nostre camminate, le nostre chiacchiere, i nostri discorsi, le nostre manifestazioni, la natura, la gente. Una buona parte del nostro tempo lo trascorriamo nell’ambiente. Perché dobbiamo rispettarlo? Semplicemente perché è come il salotto di casa nostra, quello che teniamo pulito e ordinato per ospitare gli amici, i parenti, i conoscenti, perché vogliamo che si conservi con cura e per questo lo trattiamo con amore. Pulizia, ordine, igiene, cura sono valori di straordinaria importanza, quelli che ci consentono di fare bella figura, di dimostrare il nostro amore al paese nel quale viviamo. La catechesi dell’ambiente è la miglior catechesi possibile, quella cioè che ci fa amare Chi ha creato e voluto le bellezze che danno luce e vigore ai luoghi dove trascorriamo il periodo della nostra esistenza terrena. Cosa si può fare per creare una cultura dell’ambiente? Le modalità possono essere tante. Certamente il ruolo delle agenzie formative può essere determinante ai fini di una crescita educativa attorno a questo tema. Ci sono poi parecchie iniziative che si possono adottare, per incrementare la forza persuasiva: le attività all’aria aperta, le passeggiate nei boschi, le camminate alla scoperta della natura, dell’arte, del patrimonio monumentale, dei luoghi storici, tutto può diventare occasione di attenzione e di conoscenza del nostro patrimonio, momento di crescita formativa della persona.
IL RISPETTO VERSO I LUOGHI SACRI
Far capire il senso della sacralità non è impresa facile in una società che si è sempre di più secolarizzata e che guarda al mondo terreno come luogo di appropriazione e di consumo. Il luogo sacro dovrebbe godere di un grande rispetto da parte degli organi amministrativi e della popolazione, soprattutto dovrebbe essere vissuto con modalità e comportamenti adeguati. L’azione educativa deve essere quindi correlata a iniziative, proposte, dibattiti, confronti e soprattutto ad una intensa attività di informazione/formazione, ad una costante attenzione manutentiva. Non dobbiamo dimenticare che i luoghi sacri sono quelli dove la forza della cultura si ravviva, si attiva e si completa, sono quelli nei quali emerge la parte più riservata della natura umana, quella che si tende al pensiero cristiano della vita. In questa sostanziale spinta educativa si conferma la forza dell’informazione come formazione delle coscienze sul problema religioso che è prima di tutto umano. L’informazione assume una importanza fondamentale nel passaggio della comunicazione, contribuisce a rafforzare il livello cognitivo del cittadino, a renderlo sempre più consapevole su tutto ciò che succede attorno a lui e dentro di lui, a sviluppare il suo senso critico, a comprendere il valore e l’importanza dei luoghi e le loro finalità. I valori religiosi sono spesso valori umani, quindi sono patrimonio della Comunità. Nella edificazione dei luoghi sacri l’uomo ha versato la propria arte, la propria cultura, la propria energia creativa, ha dato la parte migliore di sé, quella che si collega all’intelligenza umana e a quella divina, ha manifestato la sua parte più spirituale, quella che si incarna nell’energia dell’arte, nella forza della preghiera. I luoghi sacri devono essere fatti amare e devono essere vissuti con l’attenzione dovuta. A questa opera educativa tutti devono concorrere.
RAFFORZARE LE RELAZIONI GENERAZIONALI E’ UN PRIMO PASSO VERSO LA CHIAREZZA DI UNA IDENTITA’
In questi anni di consumismo estremo si sono un po’ persi di vista i valori affettivi, relegati spesso in una condizione di subalternità rispetto alle esigenze materiali. La famiglia ha perso la sua identità, è stata travolta da varie forme utopiche di libertà, si è lasciata condizionare non poco da licenze scambiate per diritti. In questa situazione di generale sbandamento i figli hanno dovuto arrangiarsi, costruendosi spesso morali autonome, ritagliandosi spazi di libertà e di relazione sociale. E’ venuta a mancare l’autorità educativa, quella costruita sull’esempio e su valori consolidati. In molti casi i nostri ragazzi hanno dovuto inventarsi la vita, cadendo spesso in varie forme di disagio. Le istituzioni e le agenzie sono state insufficienti a sviluppare iniziative di contenimento e di promozione del livello valoriale, accentuando la solitudine, l’arbitrarietà e varie forme di disagio e di anarchia. In molti casi si è pensato che feste e manifestazioni popolari potessero fungere da collante o da copertura al malessere, in realtà il malessere non è confinato in spazi temporali temporanei, ma è nel cuore e nella mente delle persone, nella loro non volontà di pensare e di riflettere, di riposizionare valori fondamentali come l’autorità, l’autorevolezza, la decisione, l’unione, l’onestà, la voglia di essere migliori, l’applicazione di valori fondamentali come pietre angolari della propria esistenza. Oggi la famiglia vive una crisi economica oltreché etica, quindi fatica ancora di più a mantenere il proprio equilibrio esistenziale, deve adottare iniziative e sistemi di fortuna, le mancano quelle certezze che ne hanno caratterizzato la storia e la pandemia non contribuisce sicuramente a potenziarla. La famiglia va difesa, consolidata e potenziata sempre. Compito della politica deve essere dunque la protezione e la promozione umana della famiglia, aiutandola a realizzare le proprie finalità, a ritornare ad essere il volano di una società che sa guardare avanti con consapevolezza e maturità. Convergere, dibattere ed elaborare contribuisce a mantenere uno stretto rapporto umano e culturale tra i rappresentanti delle agenzie educative, le istituzioni, la formazione e l’informazione. Più si collabora e più possono nascere idee, proposte, iniziative, soluzioni concordate ai problemi che assillano la Comunità, con particolare attenzione al mondo giovanile, erede delle tradizioni della società civile. In questi anni i comportamenti hanno risentito di varie forme di chiusura, di individualismo, di competitività negativa, di negazioni che hanno consumato energie, intelligenze ed esperienze. Nell’economia di una Comunità rivestono un ruolo fondamentale gli anziani, soprattutto nel passaggio della comunicazione storica, umana e personale, quella che si lega alla vita delle famiglie, dell’economia e delle tradizioni. Creare dei filtri generazionali è importante per mantenere vivo tutto ciò che appartiene alla memoria storica del paese. Il dialogo deve tornare a essere il collante della storia, deve riavvicinare le persone, perché è solo in questo modo che si scoprono i bisogni e le difficoltà. Stabilire relazioni diventa fondamentale in una società che ha creato varie forme di mutismo o di sudditanza e dove i potenti mezzi telematici hanno sostituito la facoltà pensante con la dipendenza da immagine. Il progresso va orientato e gestito, perché non è privo di rischi e di pericoli. Televisione, computer, telefonini sono strumenti importanti se il loro uso viene scandito da una corretta educazione e informazione. Definire l’importanza di una invenzione, valutarne gli effetti positivi e negativi, delinearne le finalità, gli usi e i consumi, è fondamentale per evitare che le giovani generazioni perdano di vista lo spirito critico, la capacità di discernere ciò che è bene e ciò che è male, il giusto dall’ingiusto. E in questa faticosa opera di restaurazione etica che si devono orientare le forze educanti della società civile e di quella politica, è in questa ottica che si deve porre chi è stato scelto a rappresentare la volontà popolare.
GIOCO, LAVORO E MATURAZIONE CIVICA, OVVERO LE FACCE DI UN’UNICA MEDAGLIA
Di solito si parte dal gioco come prima forma di crescita educativa. Giocare è una condizione naturale della vita umana. Attraverso il gioco i ragazzi danno e ricevono in una dimensione inizialmente inconscia, poi assume via via i contorni di una graduale presa di coscienza. Il gioco si trasforma in conoscenza di sé e del mondo, diventa una straordinaria occasione di sviluppo educativo della persona. Non solo i giovani, ma anche gli anziani ricorrono al gioco per ritrovare emozioni, sentimenti, stati d’animo, voglia di competere e di confrontarsi, rivendicando attraverso il gioco una nuova dimensione fisica, etica, culturale e socializzante della vita. Se il gioco nelle sue forme ludiche è un geniale passatempo, lo è soprattutto nella sua dimensione sociale. E’ dunque socializzante, permette alle persone di tutte le età di stabilire delle relazioni, di non sentirsi sole, di esprimere al massimo livello il desiderio di stare con gli altri e di condividere con gli altri alcuni importanti momenti della loro vita. Il gioco aiuta. Aiuta il bambino a impegnare il tempo in modo utile, aiuta l’adulto a scaricare le tensioni della vita quotidiana e aiuta l’anziano a vivere con gioia la parte più delicata dell’esistenza, quella che si lega spesso alla depressione, alla solitudine, all’isolamento. Può il gioco diventare strumento di miglioramento della qualità della vita? Di solito il gioco e il rispetto sono strettamente collegati. Spesso quando i bambini o i ragazzi o gli adulti giocano creano disordine, un disordine che non è voluto, ma che di fatto altera la condizione di ordine iniziale. Ecco dunque da dove partire per sviluppare una pedagogia della crescita educativa attraverso il gioco: dare un senso a quello che si fa, anche quando tutto è gioioso, apparentemente libero dagli schemi convenzionali. Giocare, infatti, non vuol dire dare il via libera a comportamenti, atti o parole che vadano oltre le regole, il buon senso, il rispetto di sé e degli altri. Spesso capita di ascoltare ragazzi che giocano a calcio, che bestemmiano o dicono parolacce o si lasciano andare a frasi offensive o a comportamenti maleducati, questo non è il modo migliore per crescere e far crescere. Il gioco deve essere una grande occasione educativa, ecco perché deve essere seguito, orientato, organizzato, costruito insieme a bravi e attenti educatori. Spesso i genitori si dimenticano di questa fondamentale parte della loro vita e di quella dei loro figli, la stessa naturalmente cosa vale per tutti coloro che si occupano di educazione. E’ possibile associare il lavoro al gioco?. Noi crediamo di sì. Il luogo nel quale si gioca è uno spazio che può essere interno o esterno, che richiede quindi attenzione e cura. Se dopo aver giocato i ragazzi imparano a riordinare il territorio compiono uno straordinario atto di rispetto nei confronti di se stessi, del luogo nel quale hanno realizzato la loro socializzazione ludica e nei confronti delle persone che hanno il compito istituzionale dell’ordine territoriale. Prendere in mano una scopa o un rastrello, o un qualsiasi altro strumento e pulire significa imparare concretamente ad amare il BELLO, significa altresì crescere sul piano dell’appartenenza educativa al paese nel quale si vive. Se i giovani impareranno a mantenere pulito e ordinato il loro territorio, quando saranno più grandicelli saranno facilitati nell’esercizio della pratica educativa e si comporteranno di conseguenza. Va sottolineato che la famiglia è il più geniale e creativo ambito educativo, il luogo dove regole e valori vanno insegnati con pazienza, determinazione, coraggio, autorevolezza e rigore. In questi ultimi anni abbiamo assistito a forme di protezionismo esagerato, che hanno incrementato la fragilità educativa dei figli. Proteggere è corretto quando i nostri ragazzi sono in pericolo, subiscono il pericolo, ma proteggerli quando commettono degli errori significa generare fragilità e incertezze che avranno serie ripercussioni sul loro futuro. Un giovane deve essere consapevole che ad un certo tipo di errore corrisponde un certo tipo di “pena” con la quale bisogna confrontarsi per crescere, per diventare uomini e donne. I genitori devono imparare a comprendere che i figli non sono proprietà privata, bensì nuovi cittadini, persone che crescono maturando una libera appartenenza civile e sociale. Sviluppare il gioco significa far crescere l’essere umano, mettendolo nella condizione di evidenziare tutte le sue potenzialità umane, fisiche, mentali e culturali, favorendo una stupenda presa di coscienza del proprio essere. Si può lavorare “giocando”, vivere la parte cioè la parte lavorativa dell’esistenza adattandola alle numerose necessità della natura umana.
Giocare significa vivere la famiglia e il territorio
In molti casi è più facile insegnare l’educazione ai nostri ragazzi attraverso la forma del gioco che non attraverso varie forme di coercizione fisica e verbale. Il gioco si presta ad associazioni, analogie, esempi, a stati d’animo, insomma tutto serve per raggiungere il vero obiettivo dell’azione educativa: rispettare le regole. In questi anni abbiamo un po’ tutti abbondato in fatto di generosità, di regalie di vario ordine e grado, insomma abbiamo devoluto al consumismo i nostri ragazzi, facendo loro credere che tutto fosse dovuto e che il figlio, in quanto tale, dovesse essere accontentato sempre. Abbiamo fatto crescere in loro l’idea che non esistessero alternative legate alla sfera immaginativa, fantastica e che tutto fosse strettamente vincolato ai soldi, all’immagine, al potere dei quali siamo diventati un po’ tutti schiavi. Ci sono giochi che non costano niente, che si possono realizzare in assoluta tranquillità e che fanno bene alla salute del corpo e dello spirito. E’ giusto permettere ai nostri figli di diventare succubi dei video? Sempre davanti al computer, sempre davanti alla televisione, sempre davanti ai video-games, sempre in sella a costosissimi scooter, sempre con i soldi in tasca: è giusto lasciarli in balia di assenze pensanti prolungate? E’ giusto non corrispondere quel patrimonio di umanità che si trasmette con la parole, il gesto, il movimento, la fantasia, la manualità, l’impegno quotidiano? Ecco dove la famiglia e la società civile possono interloquire positivamente con i ragazzi, sviluppando quell’interazione relazionale che a sua volta porta alla luce i valori più belli e più amati della natura umana, come ad esempio la solidarietà, la collaborazione, la scoperta di se stessi e degli altri, la lettura della realtà che ci circonda, il confronto generazionale, la conferma di valori affettivi legati ai vari livelli parentali, nei quali spiccano i nonni come figure amate dai giovani. Capita sempre più spesso di vedere ragazzi che cercano disperatamente di costruire un tempo di gioco senza l’aiuto di nessuno, abbandonati alla solitudine più assoluta, che trasformano il gioco in violenza fisica e verbale, in atti di intemperanza nei confronti di persone e cose. I giovani hanno bisogno di essere seguiti, condivisi nelle loro aspirazioni, allenati alla socialità, all’amor proprio, all’autostima, alla stima degli altri, alla bellezza di un gesto, di una parola, di una frase. Hanno dunque bisogno di essere guidati senza essere prevaricati, più che di parole hanno bisogno di esempi e di fatti. La famiglia deve armonizzare il proprio tempo, giocando con i figli, sviluppando forme ludiche costruttive che aiutino i ragazzi a crescere interiormente e mentalmente. C’è anche un grande bisogno di educatori, di giovani, uomini e donne che sappiano orientare la libertà dei ragazzi, perché non diventi prevaricazione e trasgressione. Siamo sicuri che grandi spazi o grandi strutture possano compiere il miracolo educativo? Noi crediamo di no e proprio per questo ci piacerebbe puntare i nostri sforzi sulla forza dell’esempio individuale, sulla PERSONA. Crediamo che la PERSONA sia l’unica, vera, grande ispiratrice dei cambiamenti. Crediamo che occorra ripartire dalla PERSONA per costruire una Comunità a misura d’uomo. Il gioco è fonte di sicurezza. Giocare per imparare, giocare per conoscersi e per conoscere, giocare per rafforzare la voglia di vivere, l’entusiasmo, l’allegria, tutti quei doni che madre natura ci ha consegnato quando siamo nati. Dunque cerchiamo di aiutare i nostri giovani a giocare, a vivere meglio questo straordinario spazio di vita, creando anche le premesse perché possano diventare dei buoni cittadini. Il gioco è una grande occasione educativa, ma per formare deve essere orientato da chi ha responsabilità dirette sulla crescita educativa delle giovani generazioni. Non basta avere grandi spazi a disposizione o strutture o attrezzature, bisogna credere fermamente nei valori e nella loro ricaduta educativa, bisogna attivarsi per creare occasioni di gioco individuale e collettivo, è un modo per costruire un paese più a misura d’uomo e socialmente aperto. Per fare questo occorre puntare su giovani motivati e validi, che sappiano fare da filtro alle nuove generazioni, che sappiano trasmettere entusiasmo e rispetto, gioia di vivere e regole, libertà e disciplina. Libertà e disciplina vanno d’amore e d’accordo, devono andare d’accordo, perché un cittadino possa crescere nel rispetto della libertà altrui. E’ forse in questa collaborazione generazionale che è possibile ricucire gli strappi che tanta confusione e tanto malessere hanno creato non solo nei nostri ragazzi, ma in tutta la nostra società. L’importante è ricordarsi sempre che dietro ad un obiettivo c’è un percorso lungo e faticoso, fatto di mille cose, ma sorretto soprattutto da una forte maturità civica, quella che ci consente di esercitare nel modo più completo e armonioso la nostra umanità.
PER UN’AZIONE EDUCATIVA EFFICACE, COERENTE E PROPOSITIVA OCCORRE FAR CAPIRE IL SENSO DI UN’ AZIONE, LA FINALITA’ DI UN PERCORSO, IL PERCHE’ SI FANNO CERTE COSE. IN MOLTI CASI IL CITTADINO PERCEPISCE SOLO L’ASPETTO ESTERIORE, L’IMMAGINE DELLA REALTA’ E NON LA REALTA’ NELLA SUA ESSENZA.
Viviamo in una società che si esprime a singhiozzo, senza motivazioni precise e finalità definite, come se i risultati dipendessero dal miracolo di turno, dalla fantasia del singolo e in certi casi dalla occasionalità degli eventi. E’ vero che la cultura non è un blocco monolitico, ma la somma di tante risorse, competenze, idee e talenti, ma uno dei limiti della ricca produzione umana è la tendenza a fermarsi all’aspetto esteriore della realtà, quello ad effetto, che suggestiona ed emoziona, che crea suggestione e stupore, che fa tendenza e che magari costa un sacco di soldi. Lo si fa per orgoglio personale, per varie forme di trionfalismo, per enfatizzare il potere o anche, in molti casi, per scarsa dimestichezza con l’essenza stessa delle cose, quella che conta più di tutto, ma che è consapevolezza di pochi, perché in questi anni di sfrenato consumismo siamo stati abituati a fidarci di qualcuno che conta per tutti. Molto spesso si confonde il mezzo con il fine e viceversa, cioè non si è capaci di sviluppare una organizzazione che permetta di far crescere i valori, giorno per giorno, con grande cura, attenzione, determinazione, fino alla maturazione finale, quella definitiva. L’amore comporta sempre un cammino, qualche volta lungo e tortuoso, ma non privo di gioie e di speranze. Si tratta di un percorso di avvicinamento all’obiettivo, fatto di passaggi, insegnamenti, apprendimenti, di una passione che si ravviva col passare del tempo e che lascia impronte durature. Spesso i ragazzi usano le moderne tecnologie o i mezzi del progresso come se si trattasse di oggetti con i quali trascorrere un tempo noioso e inutile, sono assolutamente privi di quella cultura motivazionale di base che dà un senso e una svolta agli strumenti dei quali vengono in possesso. Lo scooter, ad esempio, costa un sacco di soldi, è un investimento, soprattutto oggi, con le difficoltà finanziarie che assillano le famiglie, quindi dovrebbe essere usato per finalità legate alla utilità personale, nel pieno rispetto delle regole del codice della strada. Lo scooter offre una serie infinita di opportunità, ma bisogna conoscerlo, apprezzarlo, rispettarlo, bisogna dunque avere ben chiare le motivazioni di un acquisto che non sia semplicemente: buttare i soldi dalla finestra. Ci sono tanti ragazzi che manipolano la realtà, che la riducono ad espressione negativa di frustrazioni, perché non vengono educati a dare un senso vero e profondo alle cose che fanno, al tipo di vita che conducono. Compito di una Comunità matura è quello di orientare i propri cittadini, aiutarli a crescere responsabili, capaci di gestire con educazione gli strumenti del progresso. E’ importante che la Comunità educante si faccia carico dei bisogni dei cittadini e che si attivi per cercare di risolverli, sviluppando una coscienza attenta e profonda della realtà.
PERCHE’ I GIOVANI TRASGREDISCONO
Mi domando spesso come mai la famiglia e gli educatori non si chiedano perché i figli e i giovani combinino guai, come mai vivano per strada invece di essere a casa, in palestra, in oratorio, su un campo da calcio a spendere nel modo giusto le loro energie. Mi domando se quelli che oggi lavorano con il mondo dei giovani non si pongano il problema di come e cosa si possa fare per impegnarli anche giocosamente in attività che li aiutino a crescere come uomini, donne e persone. Mi riferisco a quegli educatori che non sanno come addomesticare il disagio giovanile e indirizzarlo verso forme autonome e gratificanti di crescita, eppure i giovani sono dei vulcani di energia, pronta a esplodere da un momento all’altro nel bene e nel male. Capita spesso di vedere giovani di entrambi i sessi persi nel disagio di una vita senza senso, priva di obiettivi, girovagare per strada come fantasmi, impegnati in frasi e parole senza senso, pronti a creare il problema non appena se ne presenti l’occasione. Ma il problema vero è che all’origine di tutto questo c’è qualcosa che non ha funzionato e che ci richiama a un profondo esame di coscienza. Credo che mai come oggi il mondo adulto, quello dei cosiddetti grandi debba fare un profondo esame di coscienza. Credo che tutti, genitori, cittadini, professionisti, politici, educatori debbano fare un passo avanti per andare incontro a quel pianeta giovani al quale lasceremo la nostra eredità. Di errori ne abbiamo commessi tutti, ma è dall’errore che si deve partire per rimettere in piedi una comunità con la testa sul collo.
INIZIATIVE PER VIVERE MEGLIO LA COMUNITA’
- Creare momenti d’incontro e di confronto su argomenti di vita vissuta e su temi e problemi che riguardano il mondo e la società in generale.
- Creare momenti di lettura e di commento, come approfondimento e arricchimento personale e collettivo della comunità.
- Creare momenti di approfondimento culturale, come conseguenza della lettura di libri o di film, in un libero confronto di idee e opinioni, per favorire il passaggio di una comunicazione costruttiva.
- Creare momenti di lettura e di confronto su temi di carattere letterario.
- Progettare incontri con: insegnante, medico, imprenditore, artigiano, operaio, educatore, giornalista, negoziante, missionario, monaco, prete, famiglia, rappresentanti di comunità. Ogni persona è una realtà viva e operante, è un veicolo di comunicazione educativa, una fondamentale fonte di esperienza di vita, con la quale occorre mettersi in relazione, in atteggiamento di ascolto, di confronto e di dialogo. Valorizzare le persone significa portare alla luce il loro vissuto, che diventa arricchimento personale e comunitario. Credo che in questo modo si possa ricreare un legame generazionale in particolare con il mondo giovanile, ricucendo molti di quegli strappi che hanno fortemente condizionato il sistema delle convergenze educative di questi ultimi anni.
- Creare momenti d’ incontro e di confronto con il mondo giovanile, per un utile confronto generazionale. Gl’incontri possono essere a tema: sport e tempo libero, televisione, scuola, mondo del lavoro, sessualità. Problemi e difficoltà legate al mondo dei giovani: droga, disagio giovanile, alcol, discoteca, musica.
- Creare momenti d’incontro con la comunità politica locale e con quella amministrativa, per sviluppare conoscenze e opportunità, in un proficuo sistema d’interazione e di confronto sulle problematiche locali, provinciali, regionali e nazionali.
- Creare momenti d’incontro con le comunità provenienti da altri continenti, per sviluppare un interessante e costruttivo dialogo interculturale e religioso, teso al passaggio di messaggi di comprensione e di apertura sociale.
- Creare una consulta culturale, comprensiva delle diverse espressioni delle potenzialità attive sul territorio comunale, al fine di progettare e attivare iniziative d’integrazione e di condivisione.
- Rafforzare quei valori che rappresentano la base per un recupero fisico, mentale e spirituale della persona umana. Lo sport, ad esempio, se ordinato e guidato secondo criteri e metodi educanti, può rappresentare una straordinaria palestra di vita. La presa di coscienza spirituale deve andare di pari passo con quella della propria persona, considerata e valutata nella sua fisicità. Il rispetto del corpo e un’ adeguata finalizzazione della sua attività, possono essere uno strumento vincente nella lotta contro le devianze giovanili. In questa grande operazione è necessario che le generazioni adulte siano in prima linea, sviluppando idee, creando momenti di coinvolgimento e di sano confronto sportivo, promuovendo iniziative e incontri con atleti e atlete, di carattere pratico e culturale.
1) Occorre curare con molta attenzione l’aspetto comunicativo locale, attraverso l’informazione scritta. Informare significa migliorare la conoscenza comunitaria, offrire momenti di riflessione personale su temi e argomenti relativi la vita associativa, evidenziare il pensiero del mondo giovanile sulla vita in generale, prendere atto di tutti quegli spazi nei quali si giocano lo spirito di servizio e la cultura esistenziale, con particolare riferimento ai temi dell’educazione. Per queste ragioni la comunicazione deve avere spazi molto ben definiti, aperti alla creatività e al confronto, ma puntuali e attenti a confermare il pensiero che li anima. Il giornale deve riservare un’attenzione particolare ai temi etici e morali. Famiglia e scuola devono essere sempre al centro del dibattito e della comunicazione scritta. La comunicazione deve gettare un ponte culturale tra l’emittente e il ricevente, deve informare, aiutare, fornire spazi per riflessioni e spunti per un dialogo costruttivo. Può anche essere critica, se la critica diventa momento dinamico della costruzione del nuovo, di ciò che è utile per comprendere, con maggiore chiarezza, le persone e il mondo nel quale realizzano la loro storia.
- Il mondo degli adulti ha perso il contatto con la propria storia personale, in molti casi a causa della corsa consumistica, non conosce o non ricorda alcuni dei passaggi fondamentali della propria esistenza. Esiste un diffuso fenomeno di analfabetismo di ritorno. Molti cattolici non sanno più di esserlo e, soprattutto, non riescono più a conciliare i valori fondanti della fede cattolica con quelli storicizzati della vita quotidiana. Viviamo l’epoca della superficialità, delle conoscenze approssimative, di un diffuso autismo da dipendenza televisiva e telematica. E’ assolutamente necessario che si dia spazio a un’intensa attività alfabetizzante, per ricreare le basi di una più adeguata conoscenza di sé e del mondo esterno. La televisione, il telefonino, il locale pubblico non devono distogliere l’attenzione da una crescita umana, spirituale e culturale della persona, dai diritti e dai doveri.
- Una particolare attenzione deve essere riservata all’ambiente. Amare Dio significa amare la Creazione in tutte le sue forme e dimensioni. Il rispetto ambientale rientra nel piano della Creazione e, come tale, merita un riconoscimento che va oltre i diritti e i doveri, il ruolo della coscienza, è un atto dovuto a Colui che ci ha consegnato la dimensione umana della vita e le sue ricchezze. Il mondo cattolico deve dimostrare la propria attenzione all’ambiente, non solo mediante il sistema informativo e amministrativo locale, ma attraverso atti o azioni che si propongono alla Comunità come modello e testimonianza. Il rispetto ambientale deve essere materia educativa anche in ambito catechistico, supportata da azioni guidate all’assunzione di una sensibilità pratica. Tra le proposte che potrebbero avere una ricaduta positiva sull’ambiente e sull’educazione popolare c’è la frequentazione della Santa Messa domenicale a piedi, senza l’uso dell’automobile, di moto e motorini. Credo di poter affermare che la Santa Messa potrebbe essere una straordinaria occasione per socializzare, per vivere una sana passeggiata con i propri figli ed una riappropriazione del territorio. La rinuncia è parte integrante della cultura cattolica, soprattutto quando rafforza l’ordine interiore e il rapporto con il mondo esterno. Il mondo adulto ha una grande responsabilità nei confronti del mondo giovanile e deve essere in prima linea nell’affermazione di tutti i valori umani e cristiani. In questo caso si coniugano due tipi di rispetto, quello umano e quello divino, rafforzando il sistema delle priorità. Tutta la catechesi deve essere attenta alle problematiche legate all’ambiente in cui le persone svolgono le loro attività e vivono la loro vita. Sarebbe auspicabile che si adottassero delle iniziative che coinvolgessero adulti e ragazzi, uniti in attività ambientali in ambito oratoriale ed extraoratoriale.
- Il mondo cattolico potrebbe proporsi come educante anche con iniziative di doposcuola per quei ragazzi che hanno particolari difficoltà di carattere intellettivo e cognitivo, alternando l’attività scolastica a quella ricreativa. Potrebbe bensì attivare momenti di confronto sui temi che riguardano la persona umana e le sue difficoltà, creare situazioni di confronto e di lettura della realtà, offrendo quindi la possibilità di uscire da momenti bui. Si potrebbero avviare i giovani a vivere in modo più diretto la vita del paese, con passeggiate e visite guidate, con incontri con persone ammalate o con anziani in difficoltà. Il problema è quello di avvicinare sempre di più la persona alle persone, a quel mondo nel quale viviamo la nostra giornata e soprattutto di ricordarci che non siamo soli, che c’è sempre qualcuno che ci osserva, che vuole capire, che chiede di essere aiutato a diventare membro effettivo di una comunità pensante, capace di orientare le forze che la sostengono. Uno dei grandi mali del secolo è che chi ha il compito di guidare non ne ha la competenza umana e pensa che tutto si risolva semplicemente con alchimie finanziarie, trascurando il grande valore della persona umana. E’ sulla strada di una profonda rivalutazione educativa che occorre posizionarsi, per rimettere in equilibrio un sistema fortemente compromesso.