“Bisogna sgomberare tutti, anche l’esercito e le forze dell’ordine, i curiosi, i passanti, gli abitanti. Quello che si verificherà sarà un fenomeno storico di enormi dimensioni. Occorre evacuare tutti i paesi da Sant’Antonio Morignone a Verzedo”. Non mi ricordo più quante persone mi si erano fatte attorno parlando contemporaneamente e insistendo a voce alta su argomenti e idee che nemmeno riuscivo a cogliere. In quel momento mi sentivo così solo, ma anche l’unico, assieme a pochi altri, che ero veramente convinto della bontà della decisione presa in funzione di un fenomeno naturale di così grandi proporzioni che, nella mia assoluta convinzione, sarebbe sicuramente accaduto”. E accadde. Michele Presbitero nel 1987 era geologo e capo dell’Ufficio Geologico della Regione. Seduto nella sua casa di Caldana ricorda come in un film quell’esperienza che avrebbe cambiato la sua vita e quella di tante altre persone che abitavano in Valtellina: ben 1280 salvarono la loro vita, grazie alla sua decisione, nonostante le pressioni politiche contrarie e lo scetticismo di autorevoli rappresentanti delle Istituzioni. Nato a Cittiglio, abita a Milano, ma appena può torna nella casa amata, dove ha trascorso la gioventù. Luogo ricco di amicizie e di ritorni felici. Prestigioso il suo curriculum, dopo quell’evento che lo rese una celebrità in campo geologico: da segretario generale dell’Autorità di Bacino del Fiume Po a dirigente della Regione Lombardia dei Servizi di Protezione Civile, Acque, Cave, Rifiuti Urbani e Industriali, Geologico; da consigliere e tesoriere del Consiglio Nazionale dei Geologi a membro della Commissione Nazionale Grandi Rischi e della Commissione Valtellina. Solo per citarne alcuni. La sua presenza è ricercata da Università persino in Argentina, in Australia, dove c’è una consistente colonia di valtellinesi. Ha avuto contatti con il Senato degli Stati Uniti e con il responsabile della Protezione Civile nominato direttamente dal Presidenta americano. Solo recentemente ha avuto un incontro, tramite una piattaforma informatica, con studenti del liceo scientifico di Tirano. E ci tiene molto a sottolineare una sua iniziativa che risale a quando, in qualità di Direttore del Servizio Geologico della Regione Lombardia, propose il censimento dei fenomeni naturali, registrati negli archivi di tutti i comuni. Per ognuno è stata compilata una scheda dei fenomeni franosi, alluvionali avvenuti nella storia, “perché da un’anamnesi del territorio si può effettuare una prevenzione. La conoscenza ci mette in guardia, anche se il territorio continua ad evolversi”. La sua soddisfazione è legata al fatto che questa norma vige in tutto il Paese. Si illumina parlando dell’on. Giuseppe Zamberletti, nel 1987 Ministro della Protezione Civile con cui ha lavorato a stretto contatto, quando il 17 e il 18 luglio di quell’anno un’alluvione colpì tremendamente la Valtellina, ma non risparmiò la Val Brembana, la Val Camonica e l’alto lago di Como per poi portare la sua distruzione in Trentino. “Fu in quel contesto che Presbitero, durante l’attività di campagna, necessaria dopo simili eventi, scoprì a 2000 metri sopra l’Adda un fronte di frana di oltre 700 metri, pronto a staccarsi proprio sopra il punto in cui durante il primo nubifragio si era già registrata una prima occlusione del fiume”, scrive Zamberletti ne “La frana della Val Pola – Cronaca di una emergenza idrogeologica in Valtellina” che ha come autori lo stesso Presbitero, Pietro Lunardi e Ugo Majone. Il fenomeno era in atto ed era pericolosissimo lasciare che gli abitanti continuassero a restare nei paesi. Il 27 luglio ci fu l’evacuazione, il 28 alle 7,30 i paesi di Sant’Antonio Morignone e san Martino della Valle non esistevano più: 44 milioni di metri cubi di detriti erano scesi a valle alla velocità di 200 km. all’ora. Il tutto in 23 secondi. Dall’elicottero con il binocolo Presbitero era stato testimone di uno spettacolo incredibile: “La montagna continuava a rilasciare materiale, voli, rimbalzi, polvere che si sollevava ad ogni urto di massi che a volte erano grandi quanto un condominio”, scrive. “La frana -aggiunge Zamberletti- andò oltre ogni più catastrofica previsione, e risalendo come una gigantesca onda sul versante opposto della vallata, arrivò a distruggere gran parte del paese di Aquilone, che da una certa altezza in poi era ritenuto in sicurezza”. Fu la prima volta che la Protezione Civile era arrivata un attimo prima del disastro e ad evitare effetti di maggiore devastazione”.
Federica Lucchini
Pubblicato il 22 settembre 2017
“Il ricordo di quei giorni drammatici è vivido per Giuseppe Zamberletti, all’epoca ministro della Protezione Civile: “Una decisione tempestiva consentì di salvare oltre mille persone nella Valtellina colpita dalla tragica alluvione dell’estate ’87. Mi consultai a lungo con Michele Presbitero, responsabile dei geologi della Lombardia, e si decise di disporre l’immediata evacuazione di più di mille abitanti e lo sgombero si completò la sera prima della caduta della gigantesca frana del pizzo Coppetto che in realtà si chiama Zandilla. Se non avessi preso quel provvedimento sarebbe stata una strage”
IL GRAZIE VALTELLINESE AL DR. PRESBITERO SEGRETARIO GENERALE DELL’AUTORITA’ DI BACINO DEL PO