All’ultimo appello del Ginetto, Luigi Piatti, c’erano proprio tutti, artisti, figli di artisti ora scomparsi, critici. La chiesa parrocchiale ieri durante le esequie non è bastata a contenere la folla, venuta salutare colui che scritto una pagina fondamentale nella storia dell’arte della nostra terra e non solo. Molti coloro che non sono riusciti ad entrare nell’edificio e non hanno avuto modo di ascoltare le parole intense del figlio, padre Mario dell’ordine della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria, che ha presieduto il rito a cui hanno assistito diversi confratelli. Parole filtrate da un affetto immenso per quel padre pieno di entusiasmo per la vita che dopo lunghi anni di lavoro come dirigente, spesso giramondo presso la Ignis, ha vissuto poi per l’arte: “Noi figli conoscevamo solo artisti”, ha ricordato. Le conferenze, i libri, i cataloghi hanno fatto parte di quel mondo che ha avuto molto dal Ginetto. “Eppure – e qui le parole venivano dal cuore – quel papà irruente, non insolito alle sfuriate, caratterizzato da un deciso anticlericalismo (“La sua vita ha cominciato a scrivere note amare fin dall’infanzia e lui con il Signore ha sempre avuto un po’ di rancore”) l’ho sempre visto come uno dei piccoli di cui parla il Vangelo, con un’umanità grandissima (“L’ho visto piangere tanto quando mancava qualche amico”)”. Poi “quella quotidianità che non gli bastava, quella fatica del rapporto con Dio che si è portato dentro come domanda”, attraverso il calvario finale, dovuto alla malattia, si sono tramutate in quell’Ave Maria, ricordata dopo tanto tempo e recitata con il figlio sacerdote prima della fine. “Gli abbiamo voluto un bene dell’anima”, ha sottolineato.
Terminate le esequie intense sono state le parole degli amici artisti. “Ginetto ha rappresentato un collante straordinario tra la cultura e l’amicizia – ha evidenziato Marcello Morandini – Quelle figure come lui sono importanti per la comunità: aiutano a vivere meglio. Per questo mancherà a molti”. “Inoltre aveva il massimo rispetto della creatività di ogni artista – ha ricordato Giovanni La Rosa – Era amico di tutti e frequentava tutte le nostre mostre”. Il debito di riconoscenza è stato sottolineato da Luca Lischetti che ha evidenziato quanto Ginetto avesse marchiato il cammino di molti artisti. C’è poi il capitolo della famigliarità che non è dimenticato da nessuno, da Ghiggini a Luigi Sangalli, a Luigi Roberto Barion: “Con lui si chiude un’epoca di arte e convivialità. Indimenticabili le cene a cui partecipava con gli amici artisti. Ci si divertiva e si creava”. E c’è il capitolo dell’energia nel ricercare le testimonianze artistiche evidenziato da Fabrizia Buzio Negri. “Trent’anni di arte assieme – conclude Romano Oldrini, che nelle vesti di sindaco di Gavirate nel 1978 diede inizio alla vita culturale del chiostro di Voltorre – Abbiamo collaborato all’allestimento di ben 33 mostre. Eravamo una strana coppia: lui legato alla tradizione, io alla sperimentazione. Ma l’amore per l’arte ci univa fortemente”.
Federica Lucchini