“Siate riconoscenti per lo straordinario regalo che avete in mano!”. Le parole centrate sulla libertà dell’onorevole Emanuele Fiano, figlio di Nedo, sopravvissuto ad Auschwitz, sono state basilari, durante un incontro in auditorium con i ragazzi della scuola secondaria e superiore. Organizzato dall’Anpi di Gavirate, dalla stessa scuola, con il patrocinio del comune, ha avuto relatori di grande levatura – Fiano, Tullio Montagna, membro del direttivo nazionale e presidente dell’Anpi Lombardia, ed Ester De Tomasi, presidente vicario dell’associazione provinciale, figlia di un partigiano deportato. “Amare la propria terra al punto di sacrificare la vita”: con queste parole introduttive del dirigente David Arioli, accompagnato dal vicesindaco Massimo Parola, ha avuto inizio il momento arricchito da un balletto sulle musiche di “Schindler List” di un gruppo di ragazze e ragazzi. “C’è un bene supremo – la libertà – che non si può comperare – ha continuato l’onorevole – Ci è stato consegnato – non abbiamo dovuto lottare per averlo – ma ci si può abituare troppo ad essa. La libertà non è un bene dato per sempre perché esiste il male. L’uomo, infatti, possiede in lui sfaccettature diverse. E’ dunque alla nostra coscienza che ci dobbiamo rivolgere; siamo noi che costruiamo il confine della storia. Essere uomini vuol dire non vivere nell’indifferenza, ma essere all’altezza della nostra storia”. Emanuele Fiano ha cominciato a conoscere la storia del padre (quel padre che ora a 90 anni non è più in grado di raccontare) a 14 anni. “La storia è entrata dentro di me. Lui portava dietro una valigia pesante che ha deciso di aprire e la scelta di raccontare lo ha aiutato”. Una lucida analisi sui valori della Resistenza è stata effettuata da Montagna, che con grande chiarezza ha delineato il percorso storico ai ragazzi. Intensa la testimonianza di Ester, di quel padre che a Gusen era stato messo nel campo degli irrecuperabili, ma, nonostante tutto, uscito da un calvario disumano, sapeva provare sentimenti positivi nei confronti degli uomini. Federica Lucchini
Video di repertorio
Nedo Fiano – il racconto di un sopravvissuto a Auschwitz
Nato a Firenze nel 1925. Fu arrestato nel febbraio del 1944 e condotto nel campo di Fossoli; il 16 maggio dello stesso anno fu deportato ad Auschwitz assieme a tutta la sua famiglia: Nedo Fiano è l’unico superstite.
“A 18 anni sono rimasto orfano — dice – quest’esperienza devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita”.
La sua storia è emblematica di come la salvezza potesse arrivare per caso. Quando giunse al campo, un ufficiale delle SS chiese se tra i prigionieri ci fosse qualcuno che conosceva il tedesco. Fiano si fece avanti. Alla domanda successiva (“Tu da dove vieni?”), la risposta (“Firenze”) produsse quasi un miracolo. L’agente nazista cominciò a ripetere il nome della città, evocando ricordi personali e manifestando simpatia per il detenuto italiano. Inoltre, dopo aver scoperto che sapeva cantare, i capi del campo di sterminio lo invitavano a intrattenerli nelle loro baracche e in queste occasioni Fiano aveva la possibilità di mangiare qualcosa in più del rancio riservato agli altri prigionieri.
Fiano è stato liberato nel campo di Buchenwald, dove era stato condotto dalle SS in fuga alla fine della guerra. Si è laureato alla Bocconi, a 43 anni, mantenendo una promessa che aveva fatto alla madre.
Gavirate foto del monumento ai caduti di Gavirate
Cinquantacinque visi che guardano fisso l’obbiettivo, tutti con espressioni molto serie. Al centro, la foto del monumento ai caduti di Gavirate, inaugurato il 12 novembre 1922, la cui parte bronzea, pregevole artisticamente ed opera dello scultore Francesco Penna, venne fusa agli inizi del 1941 per scopi bellici. E’ difficile non provare emozione di fronte a questa grande foto d’impatto che porta tutti i volti degli “eroi caduti per la Patria” del comune di Gavirate nel primo conflitto mondiale. Come cornice, scene di guerra, riguardanti la Marina, l’Aviazione, la Fanteria. Colpisce un particolare: il viso del caporale Giovanni Caletti è riportato tra quello dei compagni e poi, ingrandito e circondato da una cornice che richiama una corona d’alloro, alla sommità del quadro.
La foto è stata una felice donazione a Luigi Roberto Barion, presidente dell’associazione “Varese per l’Italia – 26 maggio 1859”. Felice perché rivolta a una persona che dedica grande passione alla storia patria. Ci sono volute anche l’attenzione e la sensibilità del sindaco, Silvana Alberio, perché venisse riprodotta in 300 copie da distribuire durante le manifestazioni del centenario del conflitto. Un gesto di rispetto, in onore di questi giovani i cui nomi sono riportati con un’unica grafia nel piccolo spazio bianco che incornicia i loro volti. Chi ha scritto, ha pensato di mettere anche l’anno di nascita e di morte di ognuno di loro. E c’è chi dà loro “voce”: Cesare Sgherbini, presidente dell’Anpi di Gavirate, che con un lavoro certosino da tempo sta ricostruendo la loro vita, andando per archivi. E’ diventato il loro “cantore” che con preparazione accurata gira per le scuole emozionando gli alunni nel racconto dei loro calvari. Li cita ad uno ad uno, come se li avesse conosciuti da vicino e fa emergere una storia viva, fatta di sacrifici. La grande storia degli umili che si sono sacrificati per l’Italia. Quattro sono stati i decorati al valore militare. Tre medaglie d’argento – due tenenti di complemento Dante Binda, morto sul San Michele, Antonino Mancuso, deceduto sul Pasubio, l’aspirante ufficiale Enrico Daverio, a Gradisca – e una di bronzo, il caporalmaggiore Giovanni Santambrogio, sul monte Nero.
La storia di tutti i caduti è un grande affresco umano, ora scolpito sulla pietra del monumento e al cimitero di Gavirate. “Piccolo fante gaviratese – conclude Sgherbini – per troppi anni ti abbiamo trascurato. Ovunque tu sia, anche in terra straniera, riposa in pace”.
Federica Lucchini