BIANDRONNO ISOLINO
“Un futuro per l’isolino Virginia? Forse è la volta buona”. Così esordisce Sandra Scorletti, primo cittadino di Biandronno, di cui l’isola – di proprietà del comune di Varese – è parte del territorio comunale. “Con il capoluogo e la Regione stiamo lavorando ad un piano per la riapertura del parco naturale, del museo con gli scavi a vista e di un punto di ristoro per il prossimo mese di maggio – spiega assieme all’assessore alla cultura Albino Ganna – I tre enti sono in perfetta sintonia sull’idea di valorizzare il sito in chiave principalmente culturale e turistico – ambientale, l’unica in grado di garantire, anche nel futuro, l’attrattiva del luogo e la sua valenza di autentica risorsa locale, anche, perché no, sotto il profilo economico. In quest’ottica anche il collegamento con la barca dovrebbe tornare ad una stabile quotidianità, per lo meno sulla tratta Biandronno – isola. Stiamo altresì pensando di attrezzarci per una migliore accoglienza dei visitatori”. Certo, ci si configura un turismo di nicchia, che sappia rispettare e valorizzare un luogo che già nel 1878 a Varese, durante una riunione della Società Italiana di Scienze Naturali, dagli insigni archeologi presenti venne proclamato la “Pompei preistorica”, tale era la ricchezza di reperti venuti alla luce fin dai primi scavi nel 1863. Ed ora è patrimonio dell’Umanità.
E la presunta incuria e abbandono, di cui parlano i giornali? “Abbiamo già risposto al presidente dell’agenzia Unesco Italia su questi argomento – riprende Ganna – spiegando che non corrispondono al vero. Certo chi è andato all’isola da un po’ di tempo a questa parte probabilmente ha avuto queste sensazioni, ma le sensazioni devono essere verificate con le giustificazioni del caso”. La sindaca evidenzia che il vero problema non è l’isola, ma il lago di Varese che periodicamente presenta il peggio di quanto abbiamo conosciuto in questi anni e che pone in cattiva luce anche un patrimonio unico come l’isolino. “E’ ora che una presa di coscienza comune intervenga a mettere tra le priorità del nostro territorio il recupero del lago – terminano i due amministratori – A questo scopo pensiamo possa essere determinante la ripresa dei lavori dell’Osservatorio del lago di Varese, a cui una forte accelerazione è stata impressa, in quest’ultimo periodo, dal presidente della Provincia, Gunnar Vincenzi. Se è vero, come è vero, che bisogna investire in opere pubbliche per rilanciare l’economia, quale occasione migliore di questa per mostrare ai mondo il saper fare dei nostri abitanti?”.
Federica Lucchini
VARESE FESTA IMERIO
“Stendi la tua mano su di noi, su questo olio, su questi alimenti che ti presentiamo nel ricordo di sant’Imerio”. E’ stato un momento solenne ieri quello della benedizione dell’olio di sant’Imerio, vissuto con molta partecipazione dai tanti fedeli presenti. “Nel frutto delle olive tu ci hai dato un segno della tua Provvidenza e un messaggio di pace e di amore”, ha proseguito don Enrico De Capitani. La devozione nei confronti del santo si è manifestata fin nel più piccolo dettaglio: dalla sua immagine appuntata sull’abito dei pellegrini che dal monte Bernasco sono scesi verso la chiesa, ai biscotti che hanno creato le volontarie, riproponendo un alimento, che, conservandosi, in passato era fonte di sostentamento durante il viaggio. Così Manuela, Paola, Grazia, Laura, Adriana hanno confezionati i 600 dolcetti apponendovi sopra un’ostia fissata da un inchiostro alimentare e riproducente l’immagine della chiesetta. Con amore e passione hanno voluto contribuire al progetto dell’olio, proposto dall’associazione olivicoltori varesini. Facevano bella mostra di sé le tante bottiglie, frutto dell’impegno dei tanti volontari che da anni rispondono all’iniziativa di don Pietro Giola, raccogliendo le olive a scopo benefico. Attorno all’altare di sant’Imerio tanti gli stendardi attorno all’immagine ingrandita del santo, portata dai pellegrini: quella della Polisportiva Giovanile Salesiana di Bosto, dell’Unitalsi del gruppo di Varese, della Società Corporativa di Consumo. Era un bel vedere l’interno arricchito da antiche icone, provenienti da diverse raccolte, e da quelle dipinte dall’artista azzatese Monica Niada. La corale di Bosto ha aperto la processione, che, dopo la benedizione degli alimenti, è proseguita verso la chiesa parrocchiale di san Michele arcangelo dove, prima della messa solenne, è stato bruciato il globo, simbolo del martirio del santo. I canti sacri, eseguiti dalla corale e accompagnati dalla lettura di brevi poesie, durante il pomeriggio prima della messa in sant’Imerio, hanno concluso una settimana di festeggiamenti il cui bilancio è decisamente positivo. L’associazione, presieduta da Enrico Marocchi, ha proposto una ricca gamma di iniziative, che hanno dato modo di far rivivere antiche tradizioni nel nome della solidarietà. Acquistando l’olio i fedeli hanno avuto in dono una frase di madre Teresa di Calcutta: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”.
Federica Lucchini
GAVIRATE LILLI PESARO
“Ho capito che mio padre era lì, ad Auschwitz, accanto a me. Ho capito che mi aveva amata. E allora, stringendo la mano a mio figlio, ho ritrovato me stessa”. L’incontro con Lilli Pesaro, testimone della Shoah, con gli alunni della scuola media e di alcune classi dell’Isis Stein è stato vissuto nel silenzio partecipe di cui, ascoltando una esperienza dolorosa, ne percepisce i più profondi palpiti. La voce sofferta dei testimoni di Auschwitz ha un imprinting particolare, unico: appena iniziano il loro racconto, è come se la platea venisse permeata da una atmosfera catalizzante. La storia di Lilli, abitante a Gallarate, è stata vissuta fuori dal contesto del campo di sterminio, mentre il padre “è passato per il camino”, ma racconta di tutto il terrore e di tutto il senso di precarietà vissuto da lei bambina, ospite a Genova di Vincenzo Valle, amico del padre, a rischio della vita. “Eravamo undici buffe persone, tra cui bambini a cui si raccontavano bugie d’amore per contenere la nostra voglia di uscire. E allora ho imparato a sognare: di vivere con papà e mamma, di respirare in mezzo ai fiori. Il sentore dei controlli era molto pesante”. Lilli ha ricordato una improvvisa irruzione in casa da parte dei nazisti, lei nascosta sotto il letto con Leopoldo, figlio di Vincenzo, stringendosi le mani: “Quelle mani – le ha detto l’amico, ormai adulto – mi hanno dato forza per tutta la vita”. L’arresto del padre nel luglio del 1944, in seguito quello della madre, cardiopatica, a cui era stata promessa la liberazione del marito, se avesse consegnato oggetti di valore. Dopo la consegna, il ricovero in ospedale piantonata. E lei bambina, con il grande desiderio di rivederla, costretta ad entrare nella camerata, salutare un’altra inferma, fingendosi sua figlia. Poi, finalmente l’abbraccio materno nei gabinetti, dove non c’erano controlli.
“Se torna papà, dammi le gocce per il cuore”, le aveva detto la mamma appena terminata la guerra. Del passato, con il correre degli anni, non bisognava parlarne, bisognava vivere. Poi, quasi liberatorio, il desiderio di scrivere la propria esperienza. “Ma non potevo scrivere se non ritrovavo me stessa. E ritrovare me stessa significava capire se mio padre mi ha voluto bene”. Tante strade ha percorso Lilli per saperlo, fino al viaggio ad Auschwitz, “il campo dove senti la morte”. “E ho capito lì che mi aveva amata. Nel mio cuore non c’è odio, solo amore, perché è con l’amore che si distrugge l’odio”.
Durante l’incontro organizzato dalla scuola in collaborazione con la sezione dell’Anpi di Gavirate, è stato letto un messaggio dell’on. Emanuele Fiano, figlio di Nedo, sopravvissuto ad Auschwitz, che avrebbe dovuto essere presente, ma impegnato a Roma per l’elezione del Presidente della Repubblica: “Ogni anno arriva. Ogni anno papà ricorda meno e parla meno. Ogni anno so che si dovrà parlare, spiegare, raccontare, fingere di essere normali. Non sono normale io, figlio di un sopravvissuto ad Auschwitz. Non è normale lui, uomo dolcissimo e dal cuore infinito che insegue senza più vederla la memoria. Mio padre mi ha trasmesso la concretezza che la storia siamo noi, che nessuno ci impone compromessi, siamo noi a decidere se stare con gli indifferenti o con i ribelli. Per questo siamo qui ogni anno, ogni dove, ogni minuto, a dire che non è mi finita, che chi vuole ingiustizia avrà resistenza, che chi insiste nell’odio avrà contro l’umanità infinita del cuore di chi è tornato per non tacere mai. E con loro i loro figli e i figli dei loro figli per sempre”.
Federica Lucchini