AIUTIAMO IL MONDO GIOVANILE A TROVARE UNA STRADA
di Felice Magnani
Di che cosa ha bisogno il mondo dei giovani? C’è qualcosa che possiamo fare per rendere più accessibile l’obiettivo? Come mai l’aggressività e la violenza in generale si manifestano nelle piazze, nelle strade, nelle periferie, nei quartieri più nascosti e meno frequentati? Come mai la vita per molti è diventata un contenitore vuoto, una bottiglia di vetro da scagliare contro il nemico o un veleno da assumere, da vendere o da distribuire? Sappiamo dare un valore o un significato alle cose che diciamo, che facciamo, che pensiamo? Siamo ancora in grado di riflettere, di porci dei problemi, di tentare di risolverli, di ragionare, di dare risposte positive a un mondo che in molti casi perde la testa e non sa più dove andare a sbattere? Siamo ancora capaci di voler bene, di amare, di ringraziare, di renderci conto dell’amore di una madre, di un padre, di un fratello, di una sorella, di riflettere sulla bellezza, sulla luce, sul colore, sull’intensità di un’alba o di un tramonto? Siamo ancora capaci di dare un valore alla nascita e alla morte, alla malattia e alla sofferenza, alla gioia e alla felicità? Siamo ancora capaci di fermarci a osservare un bambino che piange, una mamma che allatta, un vecchio stanco che attraversa una strada col pericolo di essere investito e ucciso? Siamo ancora in grado di capire che nell’aiuto e nella collaborazione ci sono i segreti di una vita che vuole continuare a essere il vero punto di forza di una umanità che cammina disperatamente alla ricerca di qualcosa di importante che la faccia sentire protagonista della sua storia? Siamo ancora capaci di dare il giusto valore alla famiglia, alla scuola, alla società civile, alla vita, allo stare insieme, al condividere, alla lettura di un giornale o di una rivista che ci aiuti a prendere coscienza della realtà nella quale viviamo? Siamo ancora capaci di dare il giusto valore all’autorevolezza, all’autorità, all’impegno, alla fatica, alla regola, alla legge, a un modo di comportarsi, a come distribuiamo le nostre energie all’interno di una società che ha sempre più bisogno del nostro aiuto? Sappiamo il significato vero e profondo di un si o di un no? Siamo ancora capaci di perdonare? Costa così tanto superare l’invidia e il rancore, la malevolenza e la cattiveria, la voglia di urlare al mondo che siamo tutti sulla stessa barca e che dobbiamo aiutarci per evitare di affondare? Siamo sicuri che facciamo sempre il nostro dovere, che aiutiamo sempre il prossimo, che parliamo dei nostri malesseri e di quelli della società in cui viviamo per migliorarla? Sappiamo voler bene a chi cerca di venirci incontro e di aiutarci a vivere meglio quella parte della vita che ci è stata consegnata con tanta generosità e amore? Nell’antica filosofia mediterranea la domanda era il giusto passaggio di una cultura che sentiva il bisogno di fermarsi per capire, per trovare le risposte più adeguate, un momento di crescita morale e materiale per riprendere a camminare in modo più autorevole e spedito, per affrontare i passaggi della vita in tutta la loro autenticità e bellezza. Fermarsi per comprendere, fermarsi per prendere coscienza, fermarsi per approfondire, per cercare, per vivere, per trovare, fermarsi per non tralasciare nulla di quella bellezza così divina e stupenda e così apparentemente difficile da ritrovare e da rimettere in pista, riconsegnandole tutto quello spazio e quella forza di cui ha bisogno per riuscire a farci di nuovo comprendere appieno il giusto valore di tutto ciò di cui disponiamo. Nella filosofia socratica c’era la bellezza della domanda e quella del dubbio, la ricerca della risposta, dell’errore, la coscienza dell’errore, tutto aveva il suo prezzo, costringeva pertanto a riflettere, a pensare, a mettersi in discussione, ad andare alla ricerca, a non dare mai nulla per scontato, potenziava la vocazione a rimettere in campo l’ energia per ritrovare la forza di un’idea e quella di un percorso, per coltivare l’umiltà necessaria per imparare, per consolidare la sottile e amabile possibilità di ricostruire, di riannodare, di riallacciare. Nulla nella filosofia presocratica e socratica era scontato, nulla era per caso, la bellezza aveva sempre una parte d’impegno e di sacrificio, con Socrate la verità non stava mai dall’una o dall’altra parte, stava nella coscienza di un approfondimento, nella necessità di ponderare, di non essere mai troppo sicuri delle proprie verità, di dare sempre più spazio alle facoltà del pensiero, un pensiero sempre più bisognoso di larghi spazi di coinvolgimento, di porsi davanti allo specchio della vita per trovare una risposta sempre più consona e adeguata. E’ nella mancanza di approfondimento socratico che il mondo globale in cui viviamo consuma la propria energia, è in una sorta di terribile protagonismo che gli uomini si ergono a numi tutelari delle più grandi disgrazie, è nella cancellazione del dubbio che la verità perde di consistenza etica, è nell’incapacità di unire che l’individualismo brucia quella passione alla socialità che dovrebbe sollevare l’umanità da varie forme d’immobilismo. Una cosa è certa, abbiamo ancora molto da imparare dalla storia che abbiamo studiato forse troppo distrattamente sui banchi della scuola, attraverso la voce profonda e attenta di filosofi distributori del verbo, viviamo il momento in cui è necessario fermarsi e riflettere, fermarsi a pensare, a capire come fare per ritrovare quella gioia di vivere che sta alla base di una comunità che continua guardare avanti con fiducia e ottimismo, nonostante tutto.