– “Accettiamo noi di cambiare, assieme al familiare colpito dall’Alzheimer. All’inizio della malattia che aveva colpito mia madre pretendevo di riempire il mosaico della sua memoria, della sua vita che era divenuto pieno di buchi. Mi aggrappavo ad un’immagine che non esisteva più”. La presentazione del libro “Quando andiamo a casa?”, in sala consiliare, ha trovato nel suo autore, Michele Farina, giornalista del Corriere della Sera, un attento e vivace interlocutore, che ha vissuto nei più profondi palpiti il percorso della malattia della madre, cogliendone ogni sfumatura. Non ha scritto niente durante il decorso. Non ce la faceva. Poi, per metabolizzare il dolore della perdita, ha cominciato a girare l’Italia: “Desideravo incontrare storie e le ho assorbite”, ha spiegato. Le ha fatte sue con il polso di chi ha vissuto sulla propria pelle una simile esperienza scoprendo molte varianti nella sua manifestazione. Con un occhio partecipe, con una sensibilità affinata. “Ringrazio tutti coloro che mi hanno aperto la porta e regalato il loro tempo”, ha spiegato ad una platea attiva. Il progetto “Rughe” per la seconda volta (la prima è stato uno spettacolo teatrale con Daniela Poggi “Io, madre di mia madre”) ha offerto un’opportunità alla cittadinanza di conoscere e parlare di questa malattia, quando la dimensione della solitudine ha caratterizzato fino adesso il percorso dei familiari. Ha avuto l’appoggio dell’associazione “Varese Alzheimer” (rappresentata dal suo presidente, prof. Piermaria Morresi), che si occupa di tutelare la qualità e la dignità della vita, della Cri Medio Verbano, del Comune rappresentato dall’assessore Valeria Musco, della Pro Loco e il patrocinio della Regione, dell’Università dell’Insubria e della Comunità Montana delle Valli del Verbano. Stimolanti le sollecitazioni dei due moderatori, dott. Romano Oldrini e prof. Consuelo Farese. “Se dovessi pensare all’isolamento vissuto dalle famiglie quando anni fa si ammalò mia madre – ha detto l’autore prima dell’incontro – mi viene in mente la cartina dell’Italia. Immaginate ogni malato e ogni famiglia come una piccola luce. Quindi tante luci, ma tutte solitarie. Ora queste luci sono collegate, sono in rete, grazie ad iniziative come le vostre. Certo, i Comuni non si aprono per occasioni simili e ciò mi riempie di gioia perché sono qui per comunicarvi la ricchezza di questa mia esperienza in giro per la nostra nazione, per dirvi che, perdendosi, si può acquistare. Sì, ho conosciuto comunità amiche della demenza, che si attrezzano con il sorriso, figli che trovano padri che non hanno conosciuto prima. Genitori che mettono le scarpe nel frigorifero, ma che improvvisamente si scoprono bravi disegnatori. Ero felice quando vedevo mia madre cantare; cantava solo delle lettere dell’alfabeto, ma era sorridente. Ho assistito a tanti piccoli miracoli quotidiani, ho vissuto cos’è l’amore fino in fondo. Ho conosciuto persone che erano consapevoli di avere l’Alzheimer. Sì, può succedere. Vivono con tranquillità e coraggio, cercano di attrezzarsi e diventano ironici: “Ho il cervello ai Caraibi”, mi ha detto il mio amico Oscar. Ci sollecitano – ha concluso Farina – a non vedere le mancanze, ma a vivere le ricchezze”.
Federica Lucchini