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70 anni fa la tragedia di Superga, persero la vita i campioni del Grande Torino

 3 Maggio 2019 |  Pippo | |

BUZZATI SCRIVEVA COSI’

 “Nebbia, pioggia, vento, silenzio…”

Dal “Corriere della Sera” del 5 maggio 1949 Torino, 4 maggio notte.

Nebbia, pioggia vento silenzio la’ dove, sei ore fa, s’e’ sfracellato l’aeroplano che riportava a Torino la più bella squadra d’ Italia. Un pallido rossastro riverbero illumina ancora, palpitando, le muraglie della basilica di Superga. Un pneumatico dell’ apparecchio sta ancora bruciando, ma la fiamma cede, tra poco sara’ completamente buio. Lo spaventoso disastro e’ successo alle 17,5. Superga era avvolta da una fitta nebbia. A trenta metri non si vedeva niente. Non c’ erano turisti, pellegrini, non una coppia di sposi in viaggio di nozze. Nella sua stanza al primo piano della basilica il cappellano del tempio, prof. don Tancredi Ricca, stava leggendo. La pioggia, una impetuosa pioggia quasi da temporale, scintillava scrosciando contro i vetri. Dal silenzio, un silenzio che nella bianca caligine sembrava quello di un rifugio di montagna, usciva a poco a poco un rombo. Un aeroplano, penso’ don Ricca. Ma ne passano tanti di aeroplani. Superga e’ un traguardo per gli aviatori in arrivo. Prima di scendere in campo Aeronautica d’ Italia, i piloti usano fare, a picco sopra la basilica, un ultimo giro. Niente di strano, dunque. Come mai pero’ cosi’ vicino? Don Ricca ebbe l’ impressione che il velivolo sfiorasse la basilica, tanto era potente il rumore. Non ebbe tempo di fare altre riflessioni. Un colpo terribile, proprio come una esplosione, rintrono’ nel grandioso edificio. Parve che le massicce mura tremassero. Poi subito silenzio e una voce, da fuori: “E’ precipitato un apparecchio!”. (…) Dei bravi ragazzi sono corsi giu’ a vedere. Sento una voce: “Ma c’ e’ una maglia rossa!”. “Maglie granata, misericordia, sono quelli del Torino!”. (…) E’ vero! Non e’ vero! Alcune ore sono passate prima che i torinesi, diciamo gli Italiani, riuscissero a conoscere nella sua selvaggia crudeltà questa sciagura. (…) Anche chi non sa di sport, anche la donnetta che mai ha sentito nominare, ma e’ impossibile, Mazzola, Bacigalupo, Castigliano, Rigamonti, anche l’ intellettuale che non ha mai letto le firme di Renato Casalbore, Luigi Cavallero, Renato Tosatti, i giornalisti il cui destino ha accompagnato anche nella morte gli eroi delle loro creature, oggi si sono sentiti stringere il cuore. All’ improvviso gli assi del pallone, i calciatori formidabili, i campioni, gli atleti che i ragazzetti dei sobborghi si illudono di impersonare nelle loro partite sul fango del “terreno da vendere”, all’improvviso questi ideali dell’ eta’ moderna non sono più che uomini, giovani creature con madri, spose, figli con la loro casa amata, il letto dove mai più dormiranno, i loro trofei che la polvere degli anni farà a poco a poco impallidire.(…) Torino, 5 maggio, notte. (…) Avrebbero avuto altrettanto dispiacere i bambini e gli animi semplici di tutta Italia se l’ aereo fracassatosi a Superga fosse stato carico di scienziati illustri? No, sia detto sinceramente. (…) Proprio in questa occasione si e’ misurato e si e’ capito fino in fondo che cosa possano essere, per la gente senza complicazioni, gli “assi” del calcio. Anche noi, dobbiamo confessarlo, li prendevamo alquanto sotto gamba. Bel merito, saper dare dei calci ad un pallone: val la pena, per una prestazione simile, farne dei superuomini, per essi sgolarsi, smaniare, soffrire, spendere un mucchio di quattrini? Cosi’ si pensava molto spesso. E ci voleva la tragedia del Torino per aprirci gli occhi. Ecco che cosa sono i grandi calciatori, lo si e’ letto oggi sul volto di troppa gente perchè ci si possa ostinare a non intendere. Nella mediocre vita delle grandi citta’ essi portano ogni domenica un soffio di fantasia e di nuova vita (…)

Dino Buzzati

 

MONTANELLI SCRIVEVA COSI’

“Oggi non ho visto giocare i ragazzini”

Dal “Corriere della Sera” del 6 maggio 1949

Oggi, affacciandomi alla finestra, non ho visto giocare a calcio i ragazzini in piazza San Marco, sulla quale guarda la mia casa, tra i resti delle bancarelle che vi tengono mercato il lunedi’ e il giovedi’ . In genere, ce n’ e’ una nuvolaglia, affaccendati a correre dietro palle di tutte le categorie e di tutte le eta’ . (…) Li conosco tutti dai nomi di battaglia che si son dati: “Mazzola” e’ un traccagnotto biondastro dalla faccia larga e ridente; “Gabetto” un bruno esile e nervoso che ha la specialita’ di non scomporsi i capelli nemmeno nelle fasi piu’ focose del giuoco; “Bacigalupo” e’ quello che in genere difende la porta, sorprendentemente agile per la sua rotonda corporatura. (…) In una di queste partite, uno di essi, che si chimava “Grezar” fu degradato sul campo: cioe’ i compagni gli tolsero quel nome e gliene diedero un altro, piu’ modesto. Oggi la degradazione e’ stata generale. Sparpagliati a gruppetti, ai quattro angoli della brulla piazza, a semicerchio intorno a uno che leggeva un giornale gualcito, i ragazzini di San Marco avevano ripreso ognuno il proprio nome di tutti i giorni, quello col quale il maestro a scuola li chiama a recitare la poesia di Aleardi e il padrone della bottega li iscrive nel sindacato dei “praticanti”. E cosi’ “Mazzola” non era piu’ che Dubini Mario, alunno della “quarta B”. Era lui che leggeva il giornale ai compagni sedutigli attorno in semicerchio, e ogni tanto approfittava della ciocca di capelli che gli scendeva sulla fronte per ritirarsela su e passarsi intanto la mano sugli occhi. (…) E gia’ domani l’ erba comincera’ a crescere sulla tomba di quei diciotto giovani atleti che sembravano simboleggiare una omerica, eterna, miracolosa giovinezza. Come possono rendersene conto i ragazzi di piazza San Marco e di tutta Italia? Gli eroi sono sempre stati immortali, agli occhi di chi in essi crede. E cosi’ crederanno, i ragazzi, che il “Torino” non e’ morto: e’ soltanto “in trasferta”. (…)Triste e’ piazza San Marco, calva di alberi, con le sue gialle chiazze di terra senz’erba, con i suoi gruppetti di ragazzi spogliati dei loro nomi di battaglia e senza palla, solo con le figurine allineate tra le pozzanghere. Le due squadre che vi giocheranno domenica hanno deciso di portare il lutto: un segno nero al braccio, sulla maglia. I passanti si fermeranno, come sempre, a guardare; ma invano tenderanno l’ orecchio per udire: “Forza Maroso…bravo Bacigalupo…” nelle fasi salienti della partita. (…)

Indro Montanelli

 

DAVIDE LAJOLO (ULISSE) SCRIVEVA COSI’

“Vi parlo dei bambini tristi di Torino”

Da “L’ Unita’ ” del 7 maggio 1949.

Io voglio parlarvi dei bambini tristi di Torino, di cento, di mille, di diecimila, di tanti e tanti bambini che erano sbucati nelle strade, che cercavano i campioni, che piangevano, che masticavano cewing-gum. Bambini corsi a piedi trafelati, sbucati dalle periferie, dalle case vicino alle fabbriche, bambini di Mirafiori, bambini del Lingotto, bambini di via Nizza. (…) Tutti i bambini di Torino, con i capelli lunghi arruffati dalla corsa, con i visi sporchi di sudore e di lacrime, bambini che parlavano tra di loro e parlavano soli, borbottavano dei nomi: Baci, Gabe, Valentino, Capitan Valentino, e s’ erano infilati in gruppo su per le scale del Palazzo Madama.(…)Entrati nella gran sala, tra le bare coperte di fiori, sono stati un momento attoniti, gli occhi sbarrati. Poi, di corsa verso la prima bara, questo e’ Ballarin, lo urlavano forte, toccavano la bara, guardavano la fotografia e Ballarin sorrideva come non l’ abbiamo mai visto sorridere. (…) Poi i bambini si sono raccolti in gruppo gli agenti li sospingevano, ma i bambini erano piantati nel pavimento. Era entrata d’ improvviso la bandiera della vecchia Inter, della rivale. (…) Salutiamo i tuoi bambini tristi, vecchia Torino, affranta dalla sciagura. Sappiamo che saprai risorgere col tuo squadrone di campioni. L’ abbiamo letto negli occhi di quei gruppi di bambini, raccolti nella gran sala di Palazzo Madama accanto alle bare dei campioni, mentre guardavano, fierissimi al disopra del pianto, la bandiera dell’ Inter.

Davide Lajolo

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