– Nello stile di Francesco. Giovedì sera, anche le frasi a margine del lungo intervento in un auditorium molto attento dell’arcivescovo Angelo Scola, in visita pastorale al decanato di Besozzo, hanno avuto l’imprinting della testimonianza, del vivere la realtà con i sentimenti di Cristo. “Dobbiamo tornare alla semplicità del Vangelo, come i nostri amici africani ci insegnano”.
“Ringrazio del dono della visita – sono state le parole del decano, don Carlo Manfredi, in apertura dell’incontro – giunto in questo lembo di chiesa in terra di confine per illustrarci tematiche che ci stanno a cuore”. Accanto al cardinale, il vicario episcopale, monsignor Franco Agnesi, monsignor Emilio Patriarca, e il parroco, don Maurizio Cantù. Il vivere l’appartenenza alla comunità con l’entusiasmo che esprime la forza della convinzione, quando ci abbandoniamo al dono straordinario della fede, significa non essere spettatori, ma “avere la faccia del Risorto”, ha sottolineato Scola che ha rivolto, fra i tanti quesiti posti, attenzione al tema dei migranti. “Dobbiamo renderci consapevoli di un dato: la realtà è testarda. La storia va avanti per processi che si intrecciano tra di loro e non ti domandano il permesso di accadere: accadono. Cinquanta milioni di persone – ed è un dato sottostimato – sono in movimento. E’ cominciata come emergenza, ora gli italiani sono immersi in questo processo e come cristiani abbiamo il dovere di essere dei buoni samaritani, che si fanno prossimo e condividono il bisogno. Questo nostro intervento, però, non è risolutivo: segue la responsabilità delle istituzioni con una politica progettuale organica e ordinata che deve generare una situazione di pace. Il terzo soggetto è la società civile”. E qui il cardinale ha posto l’accento sulla formazione del cristiano, sull’educazione al pensiero di Cristo, ricordando una notazione del futuro cardinale Montini che già aveva individuato una frattura tra fede e vita. “Questi tre soggetti – ha ripreso – devono trovare un equilibrio, lavorando assieme”. Nella società civile la famiglia deve far vedere il fascino dell’esperienza affettiva, modulando i figli sull’esperienza vera dell’affetto, perché “il nostro cuore è tarato sull’infinito, sull’amore”. La famiglia che si allarga ad altre famiglie in una strada di comunità. La prima missione è la comunicazione: non siamo abituati a comunicare le cose belle che viviamo”. E nello stile di Francesco non ha dimenticato le 5mila persone che dormono per strada nella sola città di Milano: “Teniamole almeno nel cuore e nelle nostre preghiere”, è stato l’invito finale. “Grazie dell’invito, come buon pastore che ha cura del suo gregge, ad alzare lo sguardo, ad assumere lo stile di chiesa”, sono state le parole del parroco don Maurizio. Poi la benedizione finale da parte di monsignor Patriarca.
Federica Lucchini