– Un’infanzia vissuta tra “bugie d’amore”. Lilly Pesaro, testimone di una vita appesa ad un filo, per le sue origini ebraiche durante il dominio nazifascista, ha rivissuto per il studenti delle scuole di Besozzo in sala Duse, le sue esperienze, legate a ricordi intensi e ad amici per i quali l’altruismo si scrive con la maiuscola. Sì, perché lei, piccola Anna Frank, assieme a undici suoi familiari, nascosta in casa di amici di Genova, sa che cosa è l’esperienza del silenzio, del buio e nel contempo del sogno di poter vivere con la mamma e il papà. E sa cos’è l’esperienza di un’unica passeggiata con i suoi genitori per le vie della città conclusasi in braccio ad un nazista, al quale terrorizzata aveva gridato: “Lo giuro, non mi chiamo Pesaro, mi chiamo Damonti, come la mamma”. Quella che poteva finire in tragedia, forse per la tenerezza che lei bambina fece al militare, si concluse con il ritorno a casa fortunatamente, ma quella per lei fu l’ultima volta che vide il padre. Il suo racconto è stato segnato dallo stringersi delle mani con l’amico Leopoldo, sotto il letto durante una perquisizione, e dall’abbraccio della mamma nel gabinetto dell’ospedale dove la donna ricoverata. Tra le bugie d’amore raccontate per proteggerla è compresa anche quella di lei che doveva fingere di non conosce la genitrice per poterla almeno vedere. La voce di Lilly era sofferta quando ha parlato del padre, figura che lei vide pochissimo dal vivo: “Qualcuno mi aveva detto: “Questo è tuo padre”, di fronte ad una foto, ma io, divenuta adulta, volevo sapere se mi aveva amata”. Così il viaggio ad Auschwitz: “In quel campo, in quel silenzio con mio figlio che mi dava la mano, ho sentito vicino mio padre e ho capito che mi ha amato e desiderata. Sono venuta da voi per farvi comprendere come l’amore distrugga l’odio e come il rispetto sia vitale per una convivenza serena”. “La signora Pesaro, Lilly – afferma l’assessore Gianceleste Pedroni, presente in sala anche come docente – ha donato ai giovani besozzesi la memoria del passato, ma soprattutto ha consegnato loro il testimonio per un futuro di pace e di tolleranza”.
Federica Lucchini