– Si è cominciato con un saluto dalle finestre, poi un sorriso. E’ il vicinato di Villa Letizia, che ospita venti migranti, ad aver accolto i primi segni di comunicazione con l’esterno. E questo gesto non è caduto a vuoto, dando il via ad una prima accoglienza spontanea e gioiosa. E’ ben felice don Daniele Maola, vicario foraneo del vicariato di Cittiglio, di cui fa parte anche la parrocchia di Caravate, assieme a quella di Brenta e di Gemonio. Domenica 21 febbraio i giovani ospiti – quelli di fede cristiana – parteciperanno alla messa delle ore 10,30 nella chiesa parrocchiale dei santi Giovanni Battista e Maurizio. Celebrerà il parroco, don Silvio Bellinello. Nelle prossime domeniche, parteciperanno alle messe nelle altre tre parrocchie. “Si è creato un clima positivo anche all’interno della stessa Villa Letizia – spiega don Maola – dove i giovani stanno iniziando ad imparare l’italiano e dove grande importanza viene data all’insegnamento delle regole. A piccoli gruppi accompagnati dall’educatore sono usciti fino al negozio di un cartolaio. Ora inizieranno a partecipare alla vita della comunità del vicariato”.
“Domani (21 febbraio) la loro partecipazione alla messa permetterà di comprendere che sono volti, sono persone che sono giunti presso di noi a cui basta la nostra vicinanza”, spiega don Silvio. Il programma è ancora da ben definire, ma giacché a Caravate la via Crucis, ogni venerdì, viene celebrata nei vari rioni, c’è la possibilità concreta di celebrarla nella chiesa di santa Lucia, adiacente Villa Letizia di proprietà dell’Unione Nazionale Ciechi.
Bisogno di coerenza tra fede professata e fede vissuta è quello che la Caritas Diocesana di Como, nella persona del suo direttore, il diacono Roberto Bernasconi, aveva chiesto in una lettera ai fedeli del vicariato, dopo aver espresso un sentimento di riconoscenza per la condivisione su un progetto di accoglienza a tempo determinato di persone migranti. Il ruolo della comunità non è quello economico in quanto “non servono soldi, vestiti, generi alimentari”, ma è quello “di cura nei rapporti con i migranti, di condivisione di vita che diventi costruttiva per entrambe le parti”.
Federica Lucchini