16a riflessione dall’Eremo di S. Andrea. 27/04/2021 (h. 17:00)
Oggi leggiamo un episodio del Vangelo che pone non pochi problemi agli studiosi. Vediamoli.
Il brano (Gv 8,1-11) lo troviamo attualmente nella redazione del vangelo di Giovanni. Ma nel presente contesto appare evidentemente un’“inserzione” (un brano proveniente da un’altra parte del Vangelo e che nella fase redazionale è stato posto dove si trova ora). Anzitutto questo brano interrompe in modo evidente l’unità letteraria tra il cap. 7 e il cap. 8 del vangelo di Giovanni. Inoltre il racconto è assente nei codici più importanti – più antichi ed affidabili – del vangelo di Giovanni. Ma, allora, da dove è stato tratto quel brano? La quasi unanimità della critica moderna è concorde a non riconoscerlo come facente parte del testo originale di Giovanni. La pericope non presenta, infatti, il caratteristico stile giovanneo e rompe i discorsi tenuti da Gesù durante la Festa delle Capanne (Gv 7).
Lo stile letterario e la sensibilità che presenta sono decisamente più affini al vangelo di Lc. In alcuni codici importanti quel brano è collocato – più propriamente – nel vangelo di Lc al cap. 7, dopo i versetti 37-38: «Durante il giorno insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Ulivi. E tutto il popolo di buon mattino andava da lui nel tempio per ascoltarlo». Queste parole coincidono esattamente quelle con cui si apre il cap 8 di Gv: «Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro».
Perché, allora, quel brano è stato tolto di sana pianta dal vangelo di Lc? Secondo alcuni studiosi ciò si spiega per l’eccessiva tolleranza (scandalosa…) di Gesù nei confronti della “donna peccatrice”, che non si conciliava certo con la disciplina severa della Chiesa primitiva. Comunque (per fortuna…) questo autentico “tesoro” non è andato perduto (Dio – ne sia lodato – custodisce la sua Parola anche dalla pretesa degli uomini che si “sentono investiti” abusivamente del compito di “moralizzare” questa “Parola” viva…) ma “reintrodotto”, sia pure in un contesto diverso, nel vangelo di Giovanni.
E ora consideriamo brevemente il brano in questione. Gesù – di buon mattino – si reca sulla grande spianata del Tempio di Gerusalemme. È seduto, sta insegnando. Ci sono persone attorno a lui che lo ascoltano. Di colpo fanno irruzione gli “scribi” e i “farisei”, che – evidentemente – vanno a cercarlo volutamente per tramare contro di Lui uno dei loro abituali “tranelli”! Gli conducono una donna sorpresa in adulterio, la strattonano, la percuotono, la insultano… Arrivati da Gesù la pongono in mezzo e lo sfidano: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Il Vangelo precisa che «dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo». Appunto!
Se avesse detto: «Lasciatela andare!», si sarebbe messo contro Mosè e la Legge! Se avesse detto: «Condannatela!», dove sarebbe andata a finire tutta la sua fama di bontà e di “riformatore” (così era visto dai suoi nemici!)? Gesù è sempre seduto e il vangelo ci dice che «si chinò e si mise a scrivere col dito per terra». Mistero insondabile! Silenzio! Quella marmaglia insiste! Allora Gesù si alza, si erge con tutta la sua autorità su quella folla urlante e inferocita. Si crea un’atmosfera di silenzio profondo! Gesù li scruta negli occhi uno per uno, poi pronuncia queste poche parole pesanti come macigni: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
Torna a sedersi e si china di nuovo, continuando a scriveva per terra. Mistero insondabile! Silenzio! «Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani». Rimane da solo, con la donna. Gesù si alza, guarda la donna (immaginiamo il suo sguardo…), e le dice: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». «Nessuno, Signore». «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Che amore all’umano! Che tenerezza! Che capacità di valorizzazione e di misericordia! Che chiarezza di giudizio!
«All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Benedetto XVI, Deus caritas est, 25/12/2005).
Vostro don Fabio