13a riflessione dall’Eremo di S. Andrea, 24/04/2021 (h. 17:00)
13° Riflessione
«Homo sum, humani nihil a me alienum puto». «Sono uomo, niente di ciò ch’è umano ritengo estraneo a me». Frase scritta da Publio Terenzio Afro in una delle sue tante opere. Nato a Cartagine intorno al 190 a.C., di etnia berbera, arriva a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano che lo educò nelle arti liberali, e, in seguito, lo affrancò per la sua intelligenza e la sua bellezza. Grazie alle sue frequentazioni altolocate apprese l’uso alto del latino e iniziò così la sua carriera di commediografo. Muore mentre si trovava in viaggio in Grecia nel 159 a.C., all’età di circa 26 anni.
Questa è la ragione per cui oggi non vi manderò una riflessione sul Vangelo, ma brevi riflessioni sulla giornata che stiamo vivendo. Oggi, infatti è la giornata del “METZ YEGHERN”, cioè la giornata della memoria del GENOCIDIO ARMENO!
Nel corso della Prima guerra mondiale si compie, nei territori di quello che resta dell’Impero Ottomano – l’attuale Turchia – il genocidio del popolo armeno. Il Governo ultranazionalista dei “Giovani Turchi”, emanazione del partito “Unione e Progresso”, sceglie di turchizzare l’area anatolica e decide di deportare e sterminare l’etnia armena presente nel territorio fin dal 7° secolo a.C, integrata ma non assimilabile, anche perché contrassegnata da una forte fede identitaria Cristiana. Il genocidio degli armeni viene oggi considerato il prototipo dei genocidi successivi. «Chi si ricorda oggi dello sterminio degli Armeni?», chiese Hitler ai suoi ufficiali per spingerli alla soluzione finale della “questione ebraica”.
LA CHIESA ARMENA
La Chiesa armena nasce dall’incontro tra culture e spiritualità diverse che si coniugano in una sintesi originale. Alcune di queste peculiarità emergono già nel IV secolo: la convivenza fra un modello ecclesiale monarchico, che ha il suo vertice indiscusso nella figura del kat῾ołikos, e un modello sinodale che lascia ampio spazio anche all’intervento del laicato; la centralità della parola scritta, sia come testo sacro, sia come testimonianza della tradizione; la preminenza del monachesimo (eremitico prima, cenobitico in seguito, ma anche in forme intermedie) rispetto alla struttura territoriale e cattedrale; una spiritualità incentrata sulla croce e sul martirio. Questi aspetti, presenti fin dall’inizio, rimarranno costanti nel tempo, caratterizzando per molti secoli, fino a oggi, la Chiesa armena, che fa parte della grande famiglia delle Chiese Ortodosse, anche se è presente una Chiesa Armeno- cattolica.
LE RADICI STORICHE DEL GENOCIDIO
I prodromi sono da ricercare nel quadro politico internazionale del XIX secolo e nel declino dell’Impero Ottomano, il grande malato d’Europa, che entra in crisi scontrandosi con le aspirazioni dei popoli alle riforme, alla partecipazione politica e all’autodeterminazione. La Grande Guerra determinerà poi la fine dei tre grandi Imperi: austroungarico (asburgico), zarista e ottomano. Il genocidio del 1915 fu preceduto dai pogrom del 1894-96, voluti dal Sultano Abdul Hamid II e da altri massacri, in particolare quello del 1909 in Cilicia, all’indomani della rivoluzione dei Giovani Turchi – che avevano preso il potere nel 1908, paradossalmente in nome della libertà e uguaglianza di tutti i popoli dell’Impero. Ben presto prese il sopravvento l’ala oltranzista del partito “Unione e Progresso” e nel 1913 si formò una dittatura militare composta dai triumviri Djemal, Enver, Talaat, gli uomini forti del regime, responsabili della messa in atto del progetto genocidario.
MOVENTI IDEOLOGICI
Il movente fondamentale che ispirò l’azione di governo dei Giovani Turchi e del triumvirato fu l’ideologia panturchista, il sogno di un immenso territorio dal Mediterraneo all’altopiano turanico e la determinazione a riformare lo Stato su base monoetnica, linguisticamente e culturalmente omogenea. Armeni, greci, assiri, ebrei: l’Impero ottomano era costituito di fatto da un mosaico di etnie e religioni. La popolazione armena, la più numerosa, di religione cristiana, che aveva assorbito gli ideali dello stato di diritto di stampo occidentale, con le sue richieste di uguaglianza, costituiva un ostacolo al progetto di omogeneizzazione del regime.
L’obiettivo degli ottomani era la cancellazione della comunità armena come soggetto storico, culturale e soprattutto politico. Non secondaria fu la rapina dei beni e delle terre degli armeni che servì da base economica alla futura repubblica kemalista (MUSTAFA KEMAL ATATÜRK, generale e politico turco, fondatore e primo Presidente della Turchia. Dal 1916 fu chiamato Mustafa Kemal “Paşa”, dal 1934 Kemal “Atatürk”, “padre dei turchi”), gran laicizzatore della Turchia islamica e ferreo dittatore insieme alla casta militare.
IL GENOCIDIO
La pianificazione avviene tra il dicembre del 1914 e il febbraio del 1915, con l’aiuto di consiglieri tedeschi, data l’alleanza tra Germania e Turchia. L’ala più intransigente del Comitato Centrale del Partito Unione e Progresso (CUP) ha pianificato il genocidio, realizzato attraverso una struttura criminale paramilitare, l’Organizzazione Speciale (OS), diretta da due medici, Nazim e Chakir. L’Organizzazione Speciale dipendeva dal Ministero della Guerra e attuò il genocidio con la supervisione del Ministero dell’Interno e la collaborazione del Ministero della Giustizia. La Prima guerra mondiale (1914-1918) offrì al governo dei “Giovani Turchi” l’occasione per risolvere una volta per tutte la “questione armena”, esplosa già al tempo del trattato di Berlino del 1878 a conclusione della guerra russo-turca.
La notte del 24 aprile 1915, l’élite armena di Costantinopoli venne arrestata, deportata ed eliminata. Si procedette poi al disarmo e al massacro dei militari armeni, costretti ai lavori forzati sulla linea ferroviaria Berlino-Baghdad, e nella primavera fu dato il via alla deportazione sistematica della popolazione armena verso il deserto di Der es Zor. Pochi vi giunsero vivi. La maggioranza fu sterminata nel corso di vere e proprie marce della morte. La quasi totalità degli armeni scomparve dalla terra abitata da più di duemila anni. I loro beni furono totalmente confiscati.
I “triumviri” emanarono direttamente i decreti – mai ratificati dal Parlamento – di abolizione delle riforme, di deportazione e di confisca dei beni degli armeni, determinando la distruzione del popolo armeno, intenzionalmente nella sua totalità.
ENTITÀ DELLO STERMINIO
Un milione e mezzo di persone persero la vita, i due terzi degli armeni dell‘Impero ottomano. Molti furono i bambini islamizzati e le donne inviate negli harem. Mustafa Kemal, detto Ataturk, nella Turchia sconfitta, all’indomani del trattato di Losanna (1923), fonderà la “Repubblica turca” (in un batter d’occhio dal Sultanato alla Repubblica… heee… hop… la curva), completando e avallando l’opera dei “Giovani Turchi”, sia con nuovi massacri ed espulsioni, sia con la negazione delle responsabilità dei crimini commessi, sia accaparrandosi definitivamente i beni degli armeni senza risarcimento.
RESPONSABILITÀ DELLA TURCHIA
La storiografia ufficiale turca nega che ci sia stato un piano intenzionale e specifico di sterminio e considera i massacri una dolorosa conseguenza della guerra che ha colpito sia la popolazione armena sia la popolazione turca. Parlare di genocidio in Turchia può costare il carcere e anche il riconoscimento del genocidio da parte di un Paese terzo suscita le proteste di Ankara.
In realtà gli storici sono unanimi nel confermare che la Grande Guerra fu un’utile circostanza per risolvere una volta per tutte il problema armeno e anche per mascherare l’intenzionalità del progetto di sterminio.
PAPA FRANCESCO E IL GENOCIDIO ARMENO
Durante i tre giorni della visita di Papa Francesco in Armenia (24-26 giugno 2016), sono stati numerosi i gesti che hanno colpito la mente e il cuore degli armeni, in patria e in diaspora. Uno tra i tanti, dopo la presenza silenziosa e raccolta davanti alla fiamma perenne del memoriale del genocidio, segnata da poche brevi preghiere con il Katolikos di tutti gli armeni, Karekin II, il suo cammino verso il Giardino dei Giusti che si trova all’ingresso del viale che conduce al memoriale, e il gesto semplice e forte di piantare un albero e di versare un po’ d‘acqua per farlo vivere e far vivere insieme la speranza della pace. Un messaggio agli armeni, ai turchi, ma anche a tutto il mondo. Nello stesso tempo il Pontefice ha scritto indelebili parole di pace sul Libro d’Onore del Memoriale: «Qui prego col dolore nel cuore, perché mai più vi siano tragedie come questa, perché l’umanità non dimentichi e sappia vincere con il bene il male. La memoria non va annacquata né dimenticata; la memoria è fonte di pace e di futuro».
Il 12 aprile 2015 Papa Francesco aveva già parlato esplicitamente di “genocidio”, citando una dichiarazione del 2001 di Papa Giovanni Paolo II e del Patriarca Armeno, in occasione della S. Messa di commemorazione del centenario in S. Pietro, dichiarando che quello armeno «generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo». Il Papa ha denunciato il genocidio come una delle tante persecuzioni ai danni di cristiani che «vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra».
In risposta, il Governo turco ha immediatamente convocato il Nunzio apostolico ad Ankara e ritirato l’Ambasciatore presso la Santa Sede in segno di protesta. La dichiarazione ha anche suscitato una forte reazione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che il 14 aprile 2015 ha ammonito Papa Francesco affermando che «quando i politici e i religiosi si fanno carico del lavoro degli storici non dicono delle verità, ma delle stupidaggini (Sic!… Il nuovo grande Sultano che vorrebbe far parte dell’Unione Europea, che ci tiene sotto ricatto coi migranti, che non fa sedere le donne essendo genus inferiore ai maschi… ha sentenziato!!!)».
Nel giugno 2016 Papa Francesco, durante il viaggio in Armenia, utilizza nuovamente il termine “genocidio” scatenando la dura reazione del vice primo ministro turco Nurettin Canikli. Come emerso recentemente dalle carte adesso consultabili dell’Archivio segreto Vaticano, la Santa Sede non ha fatto altro che rendere più esplicita quella che è sempre stata la sua posizione sulla vicenda, poiché fin dal principio ha tentato di opporsi a questo sterminio: ne abbiamo testimonianza grazie alle lettere del Legato apostolico di Costantinopoli e dei vari Nunzi apostolici, fra i quali il futuro Pio XII (Eugenio Pacelli), che rivelano un’opera incessante in favore del popolo armeno.
COSÈ UN “GENOCIDIO”?
Si tratta di un termine molto specifico, che indica crimini violenti commessi contro determinati gruppi di individui con l’intento di distruggerli. Nel 1944, un avvocato Ebreo Polacco, Raphael Lemkin (1900-1959), coniò la parola “genocidio” (prefisso “geno”, dal greco razza o etnia, + il suffisso “cidio”, dal latino uccidere). Nel proporre questo nuovo termine, Lemkin aveva in mente «l’insieme di azioni progettate e coordinate per la distruzione degli aspetti essenziali della vita di determinati gruppi etnici, allo scopo di annientare i gruppi stessi».
Il 9 dicembre 1948 fu adottata, la «Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di “genocidio”», scritta con il contributo dello stesso Lemkin anche sulla scorta dell’esperienza del processo di Norimberga. L’articolo II della Convenzione definisce esplicitamente il genocidio nell’ambito del diritto internazionale:
«Per genocidio s’intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:
- a)uccisione di membri del gruppo;
- b)lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
- c)il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica, totale o parziale;
- d)misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
- e)trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro».
I GRANDI GENOCIDI DELLA STORIA
Leggendo il “Libro nero dell’umanità” – scritto da Matthew White – possiamo leggere i più grandi delitti, genocidi, massacri, olocausti della storia, partendo dai più conosciuti fino a quelli meno conosciuti. Se è vero che la Shoah fu il genocidio per eccellenza, quello per cui è stato inventato questo termine, gli altri furono meno famosi, meno scientifici e con un numero minore di morti, ma avevano sempre il fine ultimo di cancellare dalla faccia della terra il nemico, o presunto tale. Ecco un elenco sommario:
1) Shoah o Olocausto: lo sterminio sistematico degli ebrei che erano considerati “ipso facto” “nemici della nazione tedesca” (1939-1945). Si contano circa 15/20 milioni di morti. Si è stabilito di celebrare il “Giorno della Memoria” ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa arrivarono presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz) e liberarono il più grande campo di concentramento nazista. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazifascista.
2) Aborigeni australiani durante la colonizzazione britannica (XIX-XX sec.): forse uno dei più crudeli e dimenticati genocidi della storia, perché fatto contro persone inermi e pacifiche, portato avanti con talmente tanto successo, che ora i pochi superstiti aborigeni rimasti, hanno del tutto dimenticato la propria lingua e le proprie tradizioni.
3) Indiani del Nord e Sud America durante la colonizzazione europea (XV-XX sec.): anche questo lo possiamo considerare il “genocidio perfetto”: mai nessuno ha protestato, nonostante le decine di milioni di morti in pochi secoli; la cultura indiana è stata praticamente dimenticata da tutti e anzi, questo genocidio è stato osannato per decenni da libri, film, telefilm, eccetera.
4) Il genocidio dei Catari (XIII sec.), perpetrato purtroppo (!!!) dalla Chiesa cattolica. Gli ultimi catari donne e bambini furono massacrati per ordine del vicario Vaticano che ordinò ai soldati: «Uccideteli tutti, poi quando saranno morti, sarà Dio a giudicare se sono eretici o no».
Il 12 marzo 2000, prima domenica di Quaresima, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha celebrato l’Eucaristia insieme coi Cardinali e ha domandato perdono al Signore per i peccati passati e presenti dei figli della Chiesa. La celebrazione della “Giornata del perdono” è voluta espressamente dal Santo Padre quale segno forte dell’Anno Giubilare che è, per sua natura, momento di conversione.
«Come Successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, s’inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli. Tutti hanno peccato e nessuno può dirsi giusto dinanzi a Dio… I Cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse. Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell’“amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori” (Rm 5,5).
Preghiamo perché ciascuno di noi, riconoscendo che anche uomini di Chiesa,
in nome della fede e della morale, hanno talora fatto ricorso a metodi non evangelici nel pur doveroso impegno di difesa della verità, sappia imitare il Signore Gesù, mite e umile di cuore. Signore, Dio di tutti gli uomini, in certe epoche della storia i cristiani hanno talvolta accondisceso a metodi d’intolleranza e non hanno seguito il grande comandamento dell’amore, deturpando così il volto della Chiesa, tua Sposa. Abbi misericordia dei tuoi figli peccatori e accogli il nostro proposito di cercare e promuovere la verità nella dolcezza della carità, ben sapendo che la Verità non s’impone che in virtù della stessa Verità. Per Cristo nostro Signore».
5) Il genocidio del Ruanda (1994): milioni di morti a colpi di machete, solo per la loro differenza etnica.
6) Genocidio ucraino: Holodomor (carestia) è il nome attribuito alla carestia che si abbatté sul territorio dell’Ucraina dal 1932 al 1933. Fu perpetrato da Stalin – forse un enorme errore di giudizio economico del dittatore sovietico –. Resta il fatto che milioni di ucraini furono lasciati a morire di fame in quanto il cibo fu requisito per altre destinazioni.
7) Genocidio armeno: fatto dai turchi, che consideravano gli armeni “nemici della patria”.
8) Genocidio greco: fatto sempre dai turchi, stavolta a danno dei greci che abitavano in Turchia, nello stesso contesto storico in cui è avvenuto il genocidio degli Armeni.
9) Genocidio Rom: gli zingari da sempre sono stati perseguitati in quanto “popolo nomade”, quindi diverso dai popoli europei, ma fu nel XX° secolo che vennero considerati dai nazisti inferiori agli esseri umani, un “problema” che fu risolto mettendoli in campi di concentramento e in campi di sterminio, ne morirono centinaia di migliaia.
10) Olocausto nero (XVI-XIX sec.): è così che molti neri chiamano la deportazione di 10 milioni di schiavi neri, strappati alla loro terra per andare a lavorare nei campi in America del Nord e del Sud.
11) Pol Pot in Cambogia (1975-1979): 3 milioni di morti in un paese che ne conteneva 20 milioni, un orrore senza fine perpetrato all’inizio per ragioni politiche, poi in un susseguirsi di atrocità sempre maggiori e dalla follia di un capo comunista.
12) Genocidio in Congo (fine XIX sec.): fatto dai Belgi – o meglio – da Re Leopoldo di Belgio che aveva degli enormi possedimenti di terra di sua proprietà. Qui migliaia di persone vennero torturate ed uccise per scopi commerciali.
13) Guerre Herero, che poi si sono rilevate un vero genocidio fatto dai tedeschi in Africa nel 1904-1907 in Namibia (che erano le colonie africane tedesche).
Questi sono SOLO ALCUNI dei tanti genocidi accaduti nella storia. Quello che ci racconta la storia d’altronde è solo una parte della verità, infatti la storia, com’è noto, la scrivono i vincitori. Non ci dimentichiamo ad esempio che l’Impero Romano rase al suolo Cartagine, la quale scomparve come società dalla storia, i sopravvissuti all’assedio furono venduti come schiavi. Cartagine ricompare solo secoli dopo, e non ci scordiamo che Cesare uccise – chi dice uno e chi dice due – milioni di Galli. Senza dimenticare i genocidi perpetrati dalle antiche civiltà Egizia, Babilonese, dalle civiltà pre-colombiane dell’America del Sud. Le invasioni mongole di Gengis Khan, che nel Medioevo avrebbero lasciato sul campo 40 milioni di morti. La carestia indiana, causata a più riprese (1769-70, 1876-79, 1896-1900) dalle politiche economiche e amministrative britanniche, che costò la vita a 27 milioni di cittadini del vastissimo impero del Regno Unito.
Le campagne del re turco-mongolo Tamerlano (XV secolo) con 17 milioni di morti. Nella prima metà del secolo scorso, fino alla loro sconfitta nella seconda Guerra mondiale, i giapponesi praticarono eliminazioni di massa in Corea, Birmania, Manciuria, Timor Est, Filippine e nella Cina. In Cina, dopo la conquista del potere, i comunisti eliminarono oltre un milione di tibetani e, fra il 1978 e il 1961, durante il Grande balzo in avanti, il regime maoista causò una carestia che costò la vita a 14-43 (secondo le fonti) milioni di cinesi. L’interminabile guerra regionale fra diversi gruppi etnici e politici nella Repubblica democratica del Congo sta causando più di 14 milioni di vittime. Attualmente è in atto un vero e proprio genocidio di yemeniti ad opera dei sauditi e dei suoi alleati, ma quasi nessuno ne parla…
Ultimo accenno storico che ci riguarda da vicino. Con la legge n°92 del 30 marzo 2004, in Italia è stato istituito, nella giornata del 10 febbraio di ogni anno, il “GIORNO DEL RICORDO”, in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Nel corso del settembre-ottobre del 1943 e, in misura molto più ampia, durante la primavera del 1945, le foibe rappresentarono il simbolo di una tragedia spaventosa che colpì la popolazione giuliano-dalmata, quando alcune migliaia di persone (circa 6-7mila) vennero uccise dai partigiani di Tito e i loro corpi furono gettati in parte in queste voragini, in parte nelle fosse comuni o in fondo all’Adriatico, oppure non tornarono dai vari luoghi di prigionia. Elemento comune di questo dramma fu la quasi totale mancanza di notizie delle persone deportate che sparirono senza lasciare traccia, per cui nel tempo si è consolidato l’uso del termine “foiba” nel suo significato soprattutto simbolico, come paradigma di una vicenda molto più ampia, a prescindere dal luogo esatto e dalle specifiche modalità che interessarono le singole uccisioni. Quel termine divenne nel tempo rappresentativo della fine di tutte le migliaia di persone scomparse senza dare più notizia di sé, uccise a seguito di due distinte ondate di violenza scatenate da elementi del Movimento Popolare di Liberazione Jugoslavo. Molti vennero fucilati o comunque eliminati durante la loro deportazione, altri cessarono di vivere per malattia, per stenti o per le esecuzioni sommarie di cui furono vittime nei lunghi periodi di detenzione nelle carceri o nei campi di concentramento nelle varie regioni della Jugoslavia. Non indifferente è in particolare il numero di coloro che, dopo il loro arresto, furono uccisi anche parecchi mesi dopo la fine della guerra dagli organi di polizia jugoslavi.
“FOIBA” è un vocabolo derivato dal latino “fovea” che significa “fossa, abisso”. Fino a pochi anni fa il termine si trovava solo nei testi di geologia per definire uno dei tanti fenomeni carsici tipici della Venezia Giulia. Le foibe sono delle cavità naturali, voragini a forma di imbuto, che sprofondano più o meno verticalmente nel terreno per decine di metri, talvolta con salti di due-trecento metri, autentici pozzi naturali, abissi che appaiono all’improvviso sul territorio. Possono avere dimensioni molto variabili. La bocca della foiba, o inghiottitoio, ha di solito un’apertura della larghezza di pochi metri ed è quasi sempre semi occultata dalla vegetazione spontanea che vi cresce attorno, per cui risulta di difficile localizzazione. Sotto l’apertura si spalanca la voragine che ha un andamento quasi sempre molto irregolare e tortuoso, che si sviluppa in cunicoli ed anfratti inaccessibili all’uomo.
Sovente è difficile, se non impossibile, capire dove finisca la voragine perché essa, molte volte, si dirama in un dedalo di stretti pertugi che continuano a scendere, perdendosi nelle viscere della terra.
L’ESODO
Con il Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, l’Italia, nazione sconfitta, dovette accettare tutte le pesanti condizioni stabilite dalle Potenze vincitrici. In particolare fu sancito il passaggio dell’Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia di Tito e la creazione del Territorio Libero di Trieste (T.L.T.). Il cambio di sovranità fu traumatico, scatenando l’esodo del 90% della popolazione italiana (in tutto gli esuli furono più di 300.000) che abbandonò la casa e gli averi e cercò rifugio in Italia o emigrò oltre oceano.
Vostro don Fabio
Da Internet