11a riflessione. Eremo di S. Andrea, 22/04/2021 (h. 17:00)
La domanda che ci poniamo oggi è la seguente: «A distanza di 2.000 anni dall’evento storico di Gesù, come possiamo renderci conto oggi della verità di questo fatto fondamentale? Perché ciascuno di noi deve poter giungere ad una verifica personale che lo renda sicuro dell’autenticità della fede riposta in Lui!
Ci aiuta a dare una risposta a questa questione imprescindibile il cap. 6 di S. Giovanni.
Gesù, come al solito, è attorniato da una grande folla: erano circa cinquemila uomini (senza contare donne e bambini…). Preso da compassione – ma anche desideroso di “insegnare” (non a caso il termine “insegnare” deriva dal latino “insignare”, composto dal prefisso “in” unito al verbo “signare”, col significato di imprimere un “signum”, “segnare” la mente del discente con un “segno” provocante. Non per nulla il Vangelo di S. Giovanni viene definito il libro dei “segni”!) – Gesù decide di sfamare tutta quella folla, utilizzando «cinque pani d’orzo e due pesci» che un ragazzetto – molto avveduto – aveva portato con sé. La gente, «visto il segno (appunto) che Egli aveva compiuto, diceva: “Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!”». Ma Gesù, «sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo».
Il Re Messia, secondo la mentalità popolare, avrebbe risolto tutti i problemi coi suoi poteri straordinari! Infatti, Gesù dirà subito alla folla che corre in cerca di Lui: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei “segni”, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati (gratis! Ndr.). Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà». Come dire: «Imparate a leggere e a interpretare i “segni”; non fermatevi alla loro materialità». Il segno è una realtà concreta che ce ne indica un’atra ben più importante, verso cui dobbiamo saper rivolgere il nostro sguardo! Spesso capita invece che «quando indichi la luna, l’imbecille guarda il dito!». Sta di fatto che il giorno dopo, al mattino (era sera quando Gesù aveva compiuto quel miracolo) la folla corre alla ricerca di Gesù. Lo trovano dall’altra parte del lago di Tiberiade, nella sinagoga di Cafàrnao. Qui Gesù, prendendo spunto dal “segno” compiuto, osa affermare due cose assolutamente SCANDALOSE d inaccettabili per un ebreo:
1) «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno MANGIA di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è LA MIA CARNE per la vita del mondo».
2) Di fronte alle rimostranze della folla, Gesù ribadisce: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non BEVETE IL SUO SANGUE, non avete in voi la vita». Apriti cielo, aiuto: non solo la carne ma addirittura anche il sangue!
Gesù arriva decisamente allo scontro! Tanto che il vangelo dice che «molti dei suoi discepoli (capite! Discepoli, non gente che lo aveva appena incontrato!), dopo aver ascoltato, dissero: “Questa parola È DURA! Chi può ascoltarla?” (e accettarla) … E da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui».
Patatrac… La frittata è fatta! Ma è sorprendente come Gesù non si scomponga minimamente di tutto questo trambusto. Anzi, dirige il suo sguardo profondo, indagatore, sui Dodici, i suoi amici più fidati. E NON dice loro, in tono supplicante: «No, vi prego… almeno voi non andatevene, non abbandonatemi, altrimenti da solo cosa faccio io?».
Li sfida: «Volete andarvene anche voi?». Capite: non siete obbligati a seguirmi! Se volete andarvene anche voi, fate pure!
E qui emerge alla grande la figura di Pietro (aveva certamente tanti difetti ma era un grande!), che dà le ragioni della sua sequela piena di limiti e di peccati, ma ineluttabile (non posso assolutamente fare a meno si seguirti!). Anche lui, come gli altri undici, non avevano capito nulla di quelle parole dette da Gesù! Le capiranno in seguito! Tuttavia gli risponde «Signore, da chi andremo? Se andiamo via da te, da chi andiamo? Se andiamo via da te dovremmo rinnegare tutte le evidenze di corrispondenza che abbiamo vissuto in questi anni e che ci hanno fatto attaccare a Te! Io non comprendo tutto quello che tu dici, ma sono certo di quello che ho sperimentato con Te in questi anni! Tu hai parole di vita eterna, parole che ci hanno spiegato il senso della vita, che hanno spalancato il cuore a una pienezza inimmaginabile e sorprendente! E noi abbiamo creduto (riconosciuto, aderito) alla tua Presenza e così, stando con Te, nel tempo paziente di una sequela e di una convivenza, abbiamo potuto gradualmente, progressivamente, renderci conto che Tu sei il “Santo di Dio”!».
L’espressione “Santo di Dio” si riferisce alla dimensione messianica di Gesù, alla sua consacrazione messianica con l’unzione dello Spirito Santo, che Gesù possedeva in pienezza!
CONCLUDENDO, io, OGGI, posso rifare la stessa esperienza di riconoscimento pieno di consapevolezza di Pietro se, incontrando Gesù nel luogo dove adesso è presente – il mistero della sua Santa Chiesa (che ci raggiunge capillarmente attraverso le varie Comunità cristiane e la compagnia degli amici) – o incontrando un “testimone” provocante di Gesù (il Card. Scola ci ha insegnato che il “testimone” è colui che si gioca personalmente – come in tribunale –: è il “terzo” che sta tra i due, è quello che fa da ponte, che fa passare la bellezza di Cristo alla libertà dell’altro) ed essendone colpito, accetto di permanere esistenzialmente dentro quell’incontro, accetto di guardarci dentro, di custodirlo. Come faceva la Madonna che, «da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19).
Accettando con la mia libertà spalancata di prendere sul serio il presentimento di verità che quell’incontro ha suscitato in me e – nel tempo – progressivamente, gradualmente, vivendo tutto a partire da quella provocazione, arrivo a sperimentare una “corrispondenza” tra quella Presenza sorprendente, inaspettata (che è la presenza stessa di Cristo) e le domande, le esigenze, le attese che costituiscono la trama, la stoffa, del mio cuore!
Comprendo che da nessun’altra parte potrò sperimentare (e, infatti, non è mai accaduto prima!) quella corrispondenza! Nessun’altra cosa al mondo potrà darmi quella pace, quella gioia, quella certezza, quella consistenza di me, quell’affezione a me che solo Lui può darmi!
Vostro don Fabio!
12a riflessione dall’Eremo di S. Andrea. 23/04/2021 (h. 18:00)
Ci ricordiamo tutti il bellissimo episodio della guarigione del cieco dalla nascita di Giovanni 9 che ascoltiamo sempre, durante la nostra Quaresima ambrosiana, nella quarta domenica.
Ciò che ci stupisce è la forza, la certezza con cui quel personaggio – certamente non istruito, costretto a mendicare per sopravvivere, poco considerato perfino dai suoi genitori, che subiva quotidianamente il disprezzo di tutti – ha saputo tener testa a tutti coloro che lo contestavano (personaggi autorevoli, istruiti, prepotenti, cattivi…), chiedendogli ragione di ciò che era successo!
Da dove scaturiva quella CERTEZZA?
Non conosceva certamente Gesù, e assai strano è stato il gesto con cui Gesù ha guarito i suoi occhi! Poteva facilmente essere equivocato come un gesto di scherno e di presa in giro. «Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe”». Forse conosceva la strada, forse si è fatto accompagnare, tentennando, appoggiandosi al bastone, tenendo l’altro braccio teso avanti a sé. Sta di fatto che SI È FIDATO!
Ma perché si è fidato? Per un presentimento, per una percezione profonda, più frutto d’intuito che di altro – intuito molto raffinato nelle persone che rimangono semplici e povere nel loro cuore, come i bambini – che quell’uomo lo stava accostando in un modo diverso, lo stava toccando con un’affezione vera, come non gli era mai capitato, il timbro della sua voce era insolitamente carico di dolcezza…
Sta di fatto che «QUEGLI ANDÒ, SI LAVÒ E TORNÒ CHE CI VEDEVA». Da quel momento scoppia il putiferio! «È lui… non è lui… gli assomiglia…». «Calmi, “SONO IO!». «Mah, spiegaci, in che modo…». E lui, sempre calmo e sicuro di sé: «L’uomo che si chiama Gesù – che io non conoscevo, che ovviamente non ho mai potuto vedere e che non so proprio dove possa essere ora – ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista”». Semplice! Non c’è da dire altro! È tutto qui! La realtà è così semplice e immediata che non conviene complicarla inutilmente!
Apriti cielo… c’è un fattore inatteso che complica tutta la faccenda: «era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi». Una cosa INAMMISSIBILE! Occorre consultare i Farisei. Poffarbacco! Nuovo interrogatorio. Conclusione dell’inchiesta: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato!». Ma, ovviamente, c’era un po’ di dissenso, perché non è che erano tutti imbecilli: «E come può un peccatore compiere segni di questo genere?». Nuovo interrogatorio: «Tu, che cosa dici di lui?». Sicuro, immediato, calmo: «È UN PROFETA!».
«Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista». Aoh… so de coccio! Con i genitori la questione si complica ulteriormente perché – da una parte non possono non riconoscere il proprio figlio, ma, dall’altra, avevano paura perché «i Giudei avevano GIÀ stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga». Così si sottraggono da quella situazione spinosa con un pilatesco: «Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé».
Ennesimo interrogatorio… Uffa! Che barba! «Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». CON DECISIONE: «Se sia un peccatore, non lo so. UNA COSA IO SO: ERO CIECO E ORA CI VEDO!». «Elementare, Watson!». Sì, decisamente sarebbe stata utile la presenza di uno Sherlock Holmes ante litteram. Nuove domande, già fatte e rifatte! La confusione diventa totale! «Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Qui – secondo me – il cieco guarito si è un po’ spazientito (e chi non lo sarebbe stato al suo posto!). E con un tono di voce deciso, risponde: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, EPPURE MI HA APERTO GLI OCCHI… Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Logico! Il pensiero non fa una grinza! Ma da quelle parti a dominare non era la “ragione” ma il “pregiudizio”. E per questo lo scomunicano, lo cacciano fuori dall’appartenenza alla Comunità, lo radiano, lo ostracizzano, lo esiliano.
È a questo punto che Gesù lo cerca, lo raggiunge e, quando lo trova, gli dice: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?» (termine profetico per indicare il Messia). «E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. «Lo hai visto: è colui che parla con te». Immediato: «CREDO, SIGNORE!». E si prostrò dinanzi a Lui.
Da dove gli viene questa intrepida CERTEZZA, baldanzosa sicurezza?
È una CERTEZZA MORALE che si è generata in lui per quella modalità di conoscenza che quotidianamente usiamo per guardare il reale, che è la conoscenza per fede, per fiducia. Dicevamo che questo personaggio si è fidato di Gesù! Dopo di che sono accadute una sequenza di cose: è andato, si è lavato e ha riacquistato la vista… Ora, questi molteplici “indizi” vanno collegati, interpretati, bisogna dare loro una spiegazione, un significato univoco. Qual è la spiegazione più adeguata che lega tutti insieme questi indizi senza dimenticarne alcuno? L’INTELLIGENZA (intus ligere: l’innata capacità di “leggere dentro” la realtà, i segni, le cose che accadono) trova spontaneamente la giusta risposta: «CREDO, SIGNORE!».
Don Fabio